L’ultima udienza del processo a carico di Innocent Oseghale per la morte di Pamela Mastropietro ha portato alla luce dettagli molto importanti sia per questo grado di giudizio sia per le accuse ai due uomini che ebbero rapporti sessuali con la ragazza nei giorni precedenti la sua morte. In aula si è verificato anche qualche colpo di scena: la compagna di Oseghale, chiamata a testimoniare, non si è presentata in udienza.
Lo psichiatra: “Sintomi della sindrome borderline”
Gran parte dell’udienza si è concentrata sulla testimonianza dello psichiatra Giovanni Di Giovanni. Il dottore aveva avuto in cura Pamela quando la ragazza soggiornava alla comunità, prima della sua fuga immediatamente precedente l’omicidio. La sua testimonianza è utile per capire in che condizioni psichiche ed emotive fosse Pamela quando accettava i passaggi e i rapporti sessuali con i due uomini indagati, e per comprendere quale fosse il suo stato fisico-psicologico mentre interagiva con Oseghale. “La ragazza aveva momenti di lucidità”, racconta lo psichiatra, “ma non sapeva rapportarsi alla realtà. Parlavamo di riprendere gli studi, era interessata alla criminologia, poi magari un’altra volta mitizzava le devianze e diceva di voler fare la escort di lusso”. Verso i genitori aveva sentimenti di grande affetto, ma anche un rapporto conflittuale.
I problemi di Pamela erano cominciati quando la ragazza era giovanissima: droghe leggere e pesanti erano arrivate nella sua vita quando aveva solo 14-15 anni: “Ci parlò della prostituzione, dello spaccio, dei furti, tutti sintomi della sindrome border line”.
Tra il 26 dicembre e il 7 gennaio la ragazza aveva avuto delle crisi ed aveva manifestato volontà autolesioniste. Poi la fuga, forse dovuta al litigio con un operatore. La più importante obiezione dell’avvocato Verni (legale dei Mastropietro e zio di Pamela) è che non ci fossero stati contatti tra lo psichiatra e la ragazza negli ultimi giorni, e che dunque lui non potesse sapere in che stato era Pamela.
Un corpo ridotto a brandelli
A parlare in aula è stato anche il maggiore Luca Gasparollo, che esaminò l’appartamento di Innocent Oseghale dopo la morte della ragazza. Il suo racconto è agghiacciante, e testimonia un contesto in cui Oseghale aveva di fatto lasciato moltissime tracce del suo operato: “Mai visto un corpo ridotto così”, ha dichiarato in aula. Riguardo alle tracce, pare ce ne fossero moltissime. “Ne abbiamo trovate nel cestello della lavatrice, sul pavimento del salone, erano tracce di qualcuno che ha cambiato nel sangue”. Sangue di Pamela è stato trovato sul pavimento, dove sono apparse impronte di piedi scalzi e di scarpe usate da Oseghale. I tabulati telefonici, comunque, avrebbero rilevato che Lucky Awelima e Desmond Lucky sarebbero stati nell’appartamento.
Sul corpo, sono state messe in atto brutalità senza precedenti: “Non solo è stato disarticolato ma c’è stata anche la rimozione di tessuti e dell’epidermide. Possiamo parlare di scarnificazione. In particolare per gli organi genitali e la cassa toracica”. Tracce di Dna di Oseghale sono state trovate sulle labbra, sulla lingua e sui genitali della ragazza.
Michela Pettinari, compagna di Oseghale, non si è presentata in aula. “Pettinari non è presente, è stata cercata in casa ma è irreperibile” dice Giovanni Giorgio, procuratore Maceratese. La donna, la sera del delitto, aveva chiamato numerosissime volte Oseghale e gli aveva mandato messaggi pieni di insulti: “Putta***e, falso”, o “pu***na, sfasciafamiglie”, rivolta a una presenza femminile non meglio identificata. Di Michela Pettinari, ci sono però le deposizioni lasciate in precedenza.