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Il 95% dei lemuri rischia l’estinzione e le conseguenze le pagheranno gli uomini

Pubblicato: 23/04/2019 12:14

Non sono pochi e non sono di poco rilievo i motivo per cui dovrebbe spaventarci il disarmante allarme diramato dagli specialisti sul rischio di estinzione dei lemuri in Madagascar. Non si tratta di una specie tra le tanti in estinzione e non si può descrivere come un problema lontano, circoscritto allo stato insulare dell’Africa. Il 95% della specie di questi particolari primati è a rischio per mano dell’uomo ed è una preoccupazione che riguarda tutti.

Il 95% della specie è destinata a scomparire

Piccolini, dal naso appuntito e dalla lunga coda anelli: l’aspetto ci potrebbe trarre in inganno ma il lemuri del Madagascar ci riguardano più di quanto potremmo aspettarci. Gli “spiriti della donna”, definizione latina del termine lemures, sono un infraordine dei primati, l’ordine dei mammiferi di cui fanno parte i tarsi, le scimmie ma soprattutto, l’uomo e vivono solamente nel loro particolare habitat malgascio. Ambiente che però sta via via mutando i suoi connotati, degradandosi per mano dell’uomo e diventando ostile per questi particolari e fondamentali mammiferi che presto potrebbero scomparire del tutto.

L’allarme dell’International Union for Conservation of Nature

Proprio i lemuri si trovano, insieme ad altre migliaia di specie, in quella lista rossa redatta dall’International Union for Conservation of Nature, una triste elencazione di specie volte a scomparire qualora l’uomo non intervenisse o, diversamente, smettesse di intervenire. Il primo allarme venne lanciato nel 2005, quando la IUCN parlò di un buon 68% della specie dei lemuri a rischio. Una stima cresciuta negli atti: 91% nel 2014 e oggi tristemente aumentata al 95%, come afferma il National Geographic. Entrando nello specifico dell’infraordine, delle 111 specie esistenti di lemuri, 105 in pochi anni potrebbero estinguersi.

Un’estinzione provocata dall’uomo

Il motivo? Un insieme di concause che vedono a capo sempre noi, la mano dell’uomo. Su tutte, la minaccia più spaventosa è rappresentata dalla devastazione dell’habitat naturale: negli ultimi decenni il Madagascar è stato vittima di un feroce disboscamento della foresta pluviale in favore di campi coltivabili, sintomo di un’agricoltura priva di regolamentazione. “È come bruciare una biblioteca. È un vero peccato, ma speriamo di poter salvare questi piccoli e di svelare i loro segreti“, sono le parole dell’antropologa Patricia Wright, grande studiosa della specie. In particolare, l’antropologa ha spiegato alla CBS perché gli uomini dovrebbero preoccuparsi: “Hanno alcune delle stesse malattie che abbiamo noi, possono ammalarsi di Alzhaimer, il diabete e possono sviluppare l’obesità. Molti esperimenti di salute umana sono fatti sui topi – continua la Wright – Ma il topo non è imparentato con noi e vive solo due anni, quindi non è possibile studiare alcune delle malattie a lungo termine“.

due lemuri

Concause umane: disboscamento, cambiamenti climatici e turismo insano

Tornando alle concause, la Wright delinea il preoccupante profilo di un cambiamento climatico sempre più inarrestabile e veloce che potrebbe accelerare l’estinzione dei lemuri: “Il Madagascar – chiosa, sempre alla CBSÈ come un canarino nella miniera di carbone. È un’isola molto vulnerabile e quindi qui il cambiamento climatico ha un impatto maggiore. È un segnale di allarme per il mondo“. Ovviamente, tra i motivi che potrebbero comportare l’estinzione, c’è poi la caccia di questa specifica specie, sospinta da 2 diversi motivi. Esiste una caccia culturale del lemure, finalizza propriamente al consumo alimentare che si alterna ad una caccia per fine commerciale. A ciò si aggiunge l’aumento della richiesta, da parte della popolazione, di un lemure come animale domestico. Anche i turisti, spesso e volentieri, possono contribuire all’estinzione inconsapevolmente: “Il turista poco informato finisce per alimentare questo mercato, cercando un modo veloce per vedere i famosi lemuri magari poco lontano dalla località prescelta“, sono le parole di Giuseppe Donati, professore associato di primatologia alla Oxford Brookes University, rilasciate tempo fa al National Geographic parlando delle note riserve private in cui i lemuri vengono imprigionati in condizioni di semi-cattività.