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Giappone, dopo 31 anni ricomincia la caccia alle balene

Pubblicato: 01/07/2019 19:32

Mentre dopo 17 anni, in Islanda – anche se solo per i pochi mesi estivi e per motivi economici – ci sarà un uno stop alla caccia ai cetacei, a distanza di 31 anni in Giappone la caccia commerciale riprende, sebbene con dei limiti che per legge non possono essere superati.

Caccia alle balene: riaperta la caccia in Giappone

Era il lontano 1946 quando veniva istituita la Commissione Internazionale per la caccia alle balene – più comunemente conosciuta come IWC, International Whaling Commission – nata per regolare l’industria baleniera e porle dei limiti. Ed era il 1988 quando il Giappone, Paese da anni dedito alla caccia dei cetacei, decideva di entrare a farvi parti bandendo così quella che più comunemente viene chiamata caccia per fine commerciale. In tutti questi anni infatti il Giappone ha sempre continuano a cacciare le balene parlando però di fine diverso, l’unico tollerato dall’Iwc: la caccia per fine scientifico.

31 anni dopo, la caccia commerciale è di nuovo realtà

A 31 anni di distanza dall’entrata in Commissione, il Giappone però esce senza colpi di scena. La decisione infatti era già stata comunicato all’inizio del 2019, tra dicembre e gennaio. Dopo 31 anni di stop alla caccia per fine commerciale, la stessa, riprende. Proprio questa mattina, come riporta Ansa, diverse navi – 5 da Kushiro ed altre da  Shimonoseki – hanno preso il largo verso l’Oceano Pacifico perseguendo nuovamente quell’obiettivo precedentemente abbandonato.

Come informano però fonti dall’interno del Ministero dell’Agricoltura, ciò non permetterà comunque una mattanza ma dovranno essere rispettati dei limiti, delle mere quote: potranno infatti essere pescate da ora sino alla sine del 2019, circa 228 esemplari. Tra questi, 150 appartenenti alla famiglia delle balenottere di Bryde – anche chiamata balenottera di Eden – 52 balenottere minke e 26 balenottere boreali, tra le più comuni al mondo.

Una caccia che tuttavia non si riesce a spiegare se si guardano i dati: negli ultimi 50 anni infatti è decisamente scesa la richiesta passando dalle 200mila tonnellate del 1960 ad appena le 5mila odierne.