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Urne, ci sono resistenze: contatti PD-5 Stelle. Al centro resta il nodo della Manovra

Pubblicato: 10/08/2019 10:15

Matteo Salvini vuole chiudere la legislatura al più presto, e andare come un treno verso le urne. In questo caldissimo agosto però, molti stanno facendo due conti su quale sia il costo di una corsa al voto. Da una parte i responsabili, come Sergio Mattarella, pensano ai rischi di arrivare in autunno senza un governo che faccia la Manovra. Il presidente della Repubblica ha deciso di restare lontano dalle decisioni sul destino della legislatura, che istituzionalmente è in mano ai gruppi parlamentari. Lontananza sancita anche dalla decisione di andare alla Maddalena per qualche giorno di riposo, prima che il valzer cominci sul serio. A Roma, intanto, cominciano ad armarsi i partiti, che vedono la nascita di un fronte anti-voto. Voci riportano anche di contatti tra renziani e pentastellati, un fiutarsi reciproco nella prospettiva di un governo balneare, o tecnico, o di scopo, insomma un governo che possa traghettare l’Italia verso il voto e soprattutto le faccia rispettare gli impegni economici.

Salvini vuole il voto subito ma teme lo sgambetto

È in stato di allerta il ministro dell’Interno che, dopo aver innescato la crisi che sta portando al tramonto del governo Conte, teme che qualche manovra possa allungare la legislatura. Il vicepremier vuole recarsi alle urne e incassare la benevolenza di cui sembra godere in questa estate vissuta tra spiagge e selfie. Un beach tour vissuto però nella paranoia che qualcosa si stia muovendo tra i parlamentari del Movimento 5 Stelle e della corrente renziana del PD. “Inciucio!“, annuncia Salvini ai suoi, notando somiglianza nei toni usati dai nemici dem e stellati.

La replica di Di Maio non si fa attendere: “Stai vaneggiando, inventatene un’altra per giustificare quello che hai fatto, giullare“, recita una dura nota del Movimento. Il quale sta ora raccogliendo le forze (e le idee) per partire alla controffensiva di Salvini, addirittura ventilando l’ipotesi di candidare Giuseppe Conte.

Il fronte del no alle urne c’è

È innegabile che i malumori per un voto anticipato non mancano, con diversi parlamentari che vorrebbero allungare i tempi. Le motivazioni sono molteplici a seconda dell’interlocutore. Il Movimento 5 Stelle dovrebbe affrontare le urne dimezzato a causa dell’emorragia di consensi , e la sua classe dirigente sarebbe falcidiata dalla regola dei due mandati. Ricominciare tutto da capo non è facile, anche se sembra che sarà comunque Luigi Di Maio a rimanere alla testa del partito. Stessa la preoccupazione per i renziani, che al momento sono ancora al timone dei gruppi parlamentari: in caso di elezione verrebbero sostituiti dalla nuova dirigenza zingarettiana, venendo definitivamente messi in un angolo nel partito.

I tempi e il giro delle sfiduce

I dem, quando si riunirà il Parlamento, chiederanno che venga votata la mozione di sfiducia contro il ministro dell’Interno prima della mozione di sfiducia presentata dalla Lega contro il presidente del Consiglio. Lunedì si riuniranno i capigruppo del Senato, mentre martedì quelli della Camera e allora si saprà in quale direzione soffia il vento.

Il 20 agosto sembra la data scelta per la sfiducia al governo Conte e a quel punto Mattarella potrebbe aprire le consultazioni da cui potrebbe emergere lo scenario di un governo ponte per traghettare l’Italia al voto e votare la Manovra. Oppure sciogliere le Camere come viene chiesto da Salvini e a quel punto le date del voto potrebbero essere il 13 ottobre o il 20 ottobre. In caso la legislatura terminasse ad inizio settembre, il voto slitterebbe al 3 novembre, scenario che Salvini vorrebbe evitare.

Le preoccupazioni per la Manovra: i mercati ci puniscono

Voto o non voto, il mondo continua a girare e gli appuntamenti del governo non aspetteranno le decisioni della politica. Gli occhi degli osservatori sono tutti puntati verso la Manovra. Il piatto è ricco, e se ci fossero problemi scatterebbe il famigerato aumento dell’Iva, la spada di Damocle che pende su un’economia già stagnante. L’aliquota ordinaria passerebbe al 25% e per scongiurare questa ipotesi servono 23 miliardi, soldi che non si tirano certo fuori dal cilindro.

Queste incertezze influiscono già ora sui conti italiani, con lo spread che è volato in poche ore a 240 punti e Piazza Affari che chiude in profondo rosso. Le tensioni sui mercati non sono certo dovute solo alle maree del governo, ma anche alla guerra dei dazi in corso tra USA e Cina, principalmente. Ma in questa tempesta, il fatto che l’Italia non abbia un timoniere sicuro potrebbe renderla un bersaglio facile per gli speculatori, anche in vista del rating che ci attende. Fitch ha confermato l’outlook negativo e il voto BBB, e a breve anche Moody’s dirà la sua.