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Hong Kong, la protesta divampa: migliaia in piazza nonostante il divieto

Pubblicato: 31/08/2019 13:32

La fiamma della ribellione ad Hong Kong non accenna a spegnersi. Anzi, visti gli ultimi sviluppi, si è rafforzata, alzando la tensione. Doveva tenersi quest’oggi una manifestazione di protesta del Fronte Civile per i diritti umani (Civil Human Rights Front), ma dopo il divieto della polizia di Hong Kong per ragioni di sicurezza pubblica, il CHRF ha deciso di annullare l’evento. La decisione arriva inoltre a distanza di poche ore dall’arresto di 3 degli attivisti più conosciuti dei movimenti di protesta. 2 di loro son stati rilasciati su cauzione poco dopo, ma la loro tenacia non son riusciti a scalfirla. La battaglia dell’ex colonia britannica contro la legge di estradizione voluta dalla madrepatria Cina prosegue. In questo 13° weekend consecutivo di proteste, migliaia di persone stanno in questo momento protestando in piazza nonostante i divieti della polizia, che ha risposto con fumogeni, cannoni d’acqua e vernice.

I giovani e tenaci leader dei movimenti di protesta

Agnes Chow (22 anni), Joshua Wong (22 anni) e Andy Chan (28 anni) sono considerati i tre giovani leader delle proteste che, da inizio giugno, hanno attirato gli occhi del mondo sullo scontro tra Hong Kong e la Cina. Già protagonisti, giovanissimi, nella “Rivoluzione degli Ombrelli” del 2014 e nell’ondata di proteste del 2017, ora tengono le redini della rivolta in difesa dell’indipendenza di Hong Kong dalle ingerenze di Pechino. Chow e Wong, leader del partito democratico Demosisto, sono stati rilasciati ieri su cauzione, poche ore dopo il loro arresto. La polizia di Hong Kong aveva già ammanettato e incarcerato i tre giovani leader per i disordini e le manifestazioni degli scorsi anni. Ma la loro forza di volontà, la prigione non è riusciti a scalfirla. Migliaia di coetanei seguono il loro esempio e riempiono le piazze della città-Stato, dando linfa vitale alla protesta che impazza mentre scriviamo.

Le origini della rivolta ad Hong Kong

Hong Kong, colonia britannica per più di un secolo e mezzo, nel ’97 tornò di nuovo alla Cina tramite un accordo con la Gran Bretagna. Tuttavia, Hong Kong gode dello status di “regione amministrativa speciale” della Cina. Perciò, i suoi abitanti sono legati all’indipendenza di cui hanno goduto in questi anni, e non intendono rinunciarvi. L’autonomia di cui ha disposto dopo la cessione inglese, ha permesso ad Hong Kong di progredire socialmente ed economicamente. La generazione che oggi scende in piazza ha vissuto in un’atmosfera più libera e meno soffocante di quella dei coetanei residenti in Cina. Uno dei nodi principali di questa crescita generale è stata indubbiamente l’indipendenza giudiziaria, oggi minacciata dalla legge di estradizione fortemente voluta da Pechino. Se la proposta passasse, i residenti di Hong Kong indagati potrebbero finire nelle mani della Repubblica cinese per essere processati e giudicati.

In difesa dell’indipendenza, contro le ingerenze della Cina

Per i giovani di Hong Kong (dove hanno abolito la pena di morte, a differenza della madrepatria dove tutt’oggi viene applicata) questo tentativo di ingerenza cinese nel proprio sistema giudiziario è inaccettabile. Sia perché il regime cinese potrebbe in questo modo prelevare, processare e condannare con i suoi metodi i dissidenti politici à la Chow e Wong, sia perché creerebbe un pericoloso precedente, rischiando di innescare una serie di eventi e leggi che intaccherebbero sempre più profondamente l’indipendenza della metropoli. Per questi motivi, migliaia di persone scendono in piazza da 3 mesi a gridare a gran voce il proprio dissenso. Il 12 giugno scorso le proteste in piazza vennero classificate come “rivolta”. Il 1° luglio i manifestanti riuscirono a forzare l’ingresso del Parlamento di Hong Kong nonostante l’opposizione della polizia. L’arresto dei 3 leader e il divieto della polizia per manifestare non hanno impedito alla protesta di andare avanti oggi.

Immagino in evidenza: Twitter @Demosisto