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Strage di Erba: il caso di Rosa e Olindo potrebbe essere riaperto

Pubblicato: 13/09/2019 14:53

Strage di Erba: il caso è riaperto? Allo stato attuale no, ma l’ultima novità segna un punto a favore della difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, che sperano nella possibilità di far sentire la propria voce sulla manifestata esigenza di perizie sui reperti finora mai analizzati. Questo anche in ottica di una richiesta di revisione del processo che potrebbe arricchirsi di nuovi elementi, fortemente sostenuta da Azouz Marzouk, marito e padre di 2 delle vittime. La Cassazione, infatti, ha accolto il ricorso dei legali dei coniugicondannati all’ergastolo per il massacro di via Diaz – e ha rinviato alla Corte d’Assise di Como l’istanza di nuovi accertamenti.

Strage di Erba: ipotesi nuovi accertamenti

L’ipotesi di nuovi accertamenti sui reperti della scena del crimine di via Diaz – consegnata alle cronache come la ‘Strage di Erba’ – non sembra più così lontana alla difesa degli unici condannati per il massacro dell’11 dicembre 2006: Rosa Bazzi e Olindo Romano.

Gli avvocati dei coniugi, condannati all’ergastolo in via definitiva, hanno intrapreso una battaglia che si trascina da anni e riguarda la possibilità di effettuare perizie sul materiale mai analizzato in corso di indagini.

In quella serata di sangue e orrori morirono 4 persone: Raffaella Castagna, il figlio avuto da Azouz Marzouk, Youssef, la madre di lei, Paola Galli e la vicina di casa, Valeria Cherubini. Unico sopravvissuto alla mattanza, per un difetto alla carotide che lo salvò da un fendente potenzialmente letale, il marito di quest’ultima, Mario Frigerio.

Fu proprio la sua testimonianza – per la difesa ‘tardiva’ e rimodulata in una veste inverosimile – a collocare il netturbino sulla scena del crimine e a fissare un primo chiodo nella cornice di responsabilità poi attribuite definitivamente ai Romano – Bazzi.

La prima sezione penale della Cassazione ha accolto la richiesta degli avvocati Fabio Schembri, Luisa Bordeaux e Nico D’Ascola: ricorso convertito in opposizione e atti rimandati alla Corte d’Assise di Como. Cosa accadrà dopo questa decisione della Suprema Corte?

Un vizio di forma rimanda tutto a Como

Adesso la palla torna alla Corte d’Assise di Como, che dovrà fissare un’udienza pubblica per rivalutare le seguenti istanze della difesa: l’accesso ai server delle intercettazioni, l’acquisizione di un cellulare Motorola ritrovato sulla scena del crimine e l’esame dei reperti biologici (provenienti dall’appartamento che fu epicentro del massacro e mai analizzati).

I giudici si erano già opposti nell’aprile scorso – sostenendo le richieste dei legali della coppia immotivate e inutili a sgretolare l’impianto su cui è fondato l’ergastolo – ma la decisione era stata emessa de plano, senza contraddittorio tra le parti: è questo il vizio di forma che riporta gli atti a Como per la rivalutazione.

Siamo soddisfatti – ha sottolineato l’avvocato Schembri ad Adnkronos, era quello che volevamo fin dall’inizio. Questa udienza poteva essere fissata già sette mesi fa, adesso andremo a Como e in contraddittorio esporremo le nostre ragioni (…) ci auguriamo che si possa finalmente procedere ai nuovi accertamenti“.

Convocate le difese, dunque, si procederà a valutare la richiesta di accertamenti avanzata dai legali dei coniugi, per decidere se ammetterli o meno.

L’enigma dei reperti

La battaglia della difesa di Rosa Bazzi e Olindo Romano affonda parte del suo scheletro nella volontà di esaminare “pochi reperti sopravvissuti alla distruzione degli oggetti ritrovati nell’appartamento di via Diaz“, precisa Schembri, e si tratta sostanzialmente di campioni biologici mai analizzati.

Si parla di ‘sopravvivenza dei reperti’ perché alcuni di essi – mai ammessi a dibattimento – sono persi per sempre. Inspiegabilmente distrutti da un cancelliere dell’Ufficio corpi di reato di Como proprio il giorno in cui la Cassazione si sarebbe dovuta pronunciare sul ricorso della difesa, che chiedeva di eseguire esami irripetibili in incidente probatorio per cristallizzare eventuali nuove prove. Era la mattina del 12 luglio 2018.

A novembre – aveva dichiarato il legale Schembri –, col deposito delle motivazioni, si è saputo che la Cassazione, pur dicendo no all’incidente probatorio, aveva lasciato aperta la possibilità per la difesa di far eseguire esami nell’ambito delle indagini difensive“.

Oltre ai pochi reperti rimasti, dunque, la difesa intende accedere ai server della Procura in cui furono depositati i file delle intercettazioni ambientali. Sempre ad Adnkronos, l’avvocato Schembri precisa di voler “capire perché sono sparite“.

Ultimo Aggiornamento: 14/01/2022 10:47