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Aiuta una 46enne siciliana con il suicidio assistito: rinviato a giudizio

Pubblicato: 13/11/2019 22:32

Emilio Coveri, presidente dell’associazione Exit-Italia, onlus che si occupa di eutanasia, è stato rinviato a giudizio per il caso della donna siciliana di 46 anni che è morta in una clinica svizzera lo scorso aprile. Coveri è accusato di istigazione al suicidio dalla Procura di Catania, accuse che rigetta con forza. Il tema dell’eutanasia e del suicidio assistito sono molto dibattuti nel nostro Paese, dopo i casi degli anni passati, il più recente dei quali è stato quello di Dj Fabo. Un esempio di suicidio assistito su cui si è espresso recentemente anche il Tribunale di Milano, che ha stabilito nel 2017 come non ci si possa opporre alla volontà di chi vuole andare all’estero per morire. Un tema molto delicato su cui, ancora una volta, al buco legislativo lasciato dalla politica rimedia la magistratura.

Suicidio assistito: a processo il presidente di Exit-Italia

A comunicare l’avviso di garanzia a Emilio Coveri, presidente di Exit Italia sono stati i Carabinieri di Torino, dove il 70enne vive. Come ha commentato Silvio Viale, responsabile scientifico dell’associazione che promuove il diritto alla morte assistita: “Il reato ipotizzato sarebbe quello di ‘istigazione’ al suicidio. Lo stesso reato sul quale si è pronunciata la Corte Costituzionale per il caso Cappato sul suicidio di Fabiano Antoniani. Secondo la richiesta, Emilio Coveri avrebbe determinato o comunque rafforzato il proposito di Alessandra Giordano“.

L’insegnante di Paternò, nel catanese, sarebbe morta lo scorso aprile in una clinica svizzera, come si legge sul sito di Exit. Viali nega che Coveri abbia agito in modo tale da configurare un reato: “Sono certo che il confronto tra Emilio e Alessandra sia stato nei limiti del dibattito su eutanasia e suicidio assistito tra i nostri soci, per cui Alessandra ha deciso in autonomia con piena autodeterminazione tempi e modi del propria morte“.

Coveri: “Continuerò sulla mia strada”

Il presidente di Exit ha spiegato sul sito dell’associazione la sua posizione. “Quella donna mi aveva chiesto informazioni sul suicidio assistito dicendomi di avere dolori atroci. E io gliele ho date. Sono fermamente convinto di quello che faccio, bisogna rispettare gli ammalati e quelli che non ne possono più. Io continuerò sulla mia strada“, è il suo commento.