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Caso Garlasco, Andrea Sempio presenta un esposto contro il prelievo di Dna a sua insaputa

Pubblicato: 30/12/2019 10:45

C’è stato un momento in cui, nella vicenda processuale del caso Garlasco, spuntò il nome di un indagato che non era Alberto Stasi, che fin dall’inizio era stato l’unico accusato (e processato) per la morte di Chiara Poggi.

Si trattava di Andrea Sempio, un giovane amico di famiglia dei Poggi, che ben conosceva Chiara. Un suo campione di Dna, prelevato su un bicchiere da cui aveva bevuto in un luogo pubblico, lo aveva catapultato in una dimensione di indagini. Ora, ottenuta da tempo l’archiviazione della sua posizione, Sempio ha presentato un esposto, ritenendo che le modalità con cui gli inquirenti lo avevano coinvolto non siano state legittime.

Un prelievo a sua insaputa

La notizia era arrivata nel 2016: il Dna presente sotto le unghie di Chiara poggi, a lungo definito come inidoneo alla comparazione, non era di Alberto Stasi e sembrava invece essere di Andrea Sempio. Si era arrivati a questa conclusione dopo che era stato prelevato il Dna di Sempio da un bicchiere dal quale il ragazzo aveva bevuto in un bar, prelevato a sua insaputa.

Altri elementi a suo carico: Sempio possedeva una bicicletta simile a quella che i testimoni avevano visto nel giardino di casa Poggi il giorno dell’omicidio, e Sempio avrebbe chiamato più volte casa Poggi il giorno del delitto (quel giorno Chiara era sola in casa).

Inoltre, gli inquirenti avevano trovato sospetto che 14 mesi dopo l’omicidio lo stesso Sempio avesse deciso di andare a consegnare alle forze dell’ordine la ricevuta di un parcheggio che lo collocava, all’ora del delitto, in un posto molto lontano da Garlasco.

Le indagini a suo carico erano state però archiviate: non combaciava il numero di scarpe delle orme trovate a casa con quelle di Sempio e il Dna continuava ad essere ritenuto inidoneo.

Le motivazioni di Sempio

Oggi, Sempio ritiene che le indagini a suo carico furono condotte ledendo la sua privacy e che il Dna fu prelevato senza il suo consenso, procurandogli un’esperienza lesiva e che gli avrebbe portato gravi conseguenze a livello privato. A difendersi da queste accuse è il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale che replica puntando su due elementi. Il primo è la non invalidità della pratica: è vero che Sempio non sapeva che gli si stesse prelevando il Dna, ma l’atto non ha leso la sua dignità personale, né l’atto è stato fatto con violenza.

Inoltre, il Dna è stato prelevato solo ed esclusivamente a fini investigativi, e senza alcuna volontà di ledere Andrea Sempio.

Ultimo Aggiornamento: 30/12/2019 10:46