È una notizia, quella che arriva da Lubiana, che stravolge il mondo dell’arte che non potrà mai dimenticarlo. È morto all’età di 76 anni Frank Uwe Laysiepen, noto al mondo con lo pseudonimo di Ulay. L’artista e fotografo tedesco divenne famoso insieme al grande amore della sua vita, la celebre artista serba Marina Abramović.
Morto l’artista Ulay
Classe 1943, nel pieno della seconda guerra mondiale, Frank Uwe Laysiepen rimase presto orfano dei genitori in una Germania segnata indelebilmente dal nazismo. Un senso di colpa che come tanti giovani come lui, l’artista si trascinò per l’esistenza trasponendo il conflitto esterno all’interno del suo animo. Il desiderio di poter essere liberato di quel peso, la volontà di recidere le radici con la patria lo portarono presto ad allontanarsi dalla Germania, rinunciando al dissidio interiore ma anche alla moglie dalla quale aveva avuto un figlio.
La malattia come occasione artistica
Intrapresi gli studi in ambito fotografico sperimenta ben presto il connubio della stessa alle live perfomance, una comunicazione fisica e visiva che lo portò ad incontrarsi e intrecciarsi con l’esistenza di Marina Abramović. Un amore, il loro, perdurato nel tempo per 12 anni. Per quanto riguarda la morte dell’artista, era il 2009 quando ad Ulay venne diagnosticato il cancro che lo costrinsero a sottoporsi a cure chemioterapiche. Un male che non placò la sua arte e che diventò oggetto della stessa poi confluito in Project Cancer, un documentario.
Il filo rosso che lo legò a Marina Abramović
Al termine di quella passeggiata sulla Muraglia Cinese, una vera e propria performance artistica – The Wall Walk in China – avrebbero dovuto sposarsi e invece, la storia tra Ulay e Marina Abramović finì, coronata ancora una volta dall’arta che li ha congiunti, trasformati. Un amore indissolubile, un filo rosso capace di slegarli ma non di separarli e che li aveva portati nuovamente, in silenzio l’uno di fronte agli occhi dell’altro, al MoMa di New York. Un momento sentimentalmente e artisticamente intenso, capace di segnare un’epoca: era il 2010 e Marina Abamović si trovava nel pieno della sua performance, The artist in present. Il linguaggio perfomativo e silente di trovarsi, improvvisamente e dopo anni, di fronte alla persona amata comunicando solamente con gli occhi.