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Cambiamenti climatici: da 0 a 500 euro quanto pagheresti per avere un mare pulito?

Pubblicato: 29/03/2020 23:36


Intervista a cura di:

Marta Pettolino
Chiara Surano

Cosa significa parlare di tutela della biodiversità e valorizzazione delle Aree Marine in Italia e perché è importante? Lo abbiamo domandato a Rebecca Rolle, esperta in divulgazione ambientale e attualmente impegnata nel Master in Gestione e Comunicazione della Sostenibilità all’Università del Sacro Cuore di Brescia.

Rebecca ci ha raccontato il suo progetto sulla valorizzazione e tutela delle Amp, le Aree Marine Protette, e sul valore della biodiversità, da cui dipendono tutti i servizi ecosistemici, ovvero i benefici che ogni essere vivente ricava dall’ambiente. L’obiettivo? Un mondo migliore e soprattutto un mare pulito.

Quanto siamo disposti a pagare per proteggere l’ambiente in cui viviamo?

Oceani saturi di plastica, cambiamenti climatici che minacciano gli ecosistemi e un’esistenza umana che sopravvive sul filo di un rasoio verso il quale, troppo spesso, nutre un’ingiustificabile indifferenza. Ogni individuo ha il potere di fare del mondo un posto migliore, scriveva lo scrittore peruviano Sergio Bambarén, ma affinché questo accada ogni singolo abitante della Terra deve prima imparare a rispettare e tutelare l’ambiente in cui vive.

A questo proposito, quanto siamo disposti a pagare per proteggere l’ambiente in cui viviamo? Da questa domanda è partito lo studio di Rebecca Rolle, attualmente impegnata in un progetto volto alla tutela di una delle Amp – Area Marina Protetta – dell’Isola di Bergeggi, in Liguria.

Com’è nato il tuo interesse per l’ambiente?

Inizialmente volevo solamente fare la guida subacquea e girare il mondo. Poi però mi sono detta “Io voglio fare di più, io voglio fare qualcosa di più per l’oceano; non mi basta solo nuotarci e portarci i turisti“.

L’amore per il mare l’ha spinta ad immergersi nei fondali più belli del mondo, almeno per l’immaginazione collettivo, ma la drammatica realtà che ha trovato negli abissi l’ha fatta tornare a galla in fretta, con piena coscienza di quanto fosse urgente e determinante il bisogno di un immediato intervento: “In questi anni ho fatto dei viaggi in giro per il mondo, Indonesia, Maldive, Mar Rosso… e purtroppo ho visto delle situazioni catastrofiche che in Italia non ho visto così gravi eppure so che ci sono, sono presenti; dove sono stata io ho trovato intere isole di plastica, scendevi negli fondali delle Maldive dove tu ti aspetti atolli meravigliosi e giuro, erano atolli di plastica”.

Rebecca Rolle in mare
Rebecca Rolle. Fonte: Instagram

Il valore della biodiversità

La diversità biologica o biodiversità in ecologia è la varietà di organismi viventi, nelle loro diverse forme, e nei rispettivi ecosistemi:

La biodiversità è l’insieme delle specie degli organismi viventi in un un ecosistema. Importante è, quindi, tenere presente sia la diversità di specie sia il numero di esemplari che rappresentano quella categoria vivente.
Tutti gli organismi sono fondamentali per le altre forme di vita presenti sulla Terra, perché tutti siamo correlati, gli uni con gli altri, e ogni specie è collegata alle altre. E soprattutto in questo periodo di Coronavirus ce ne siamo resi conto: siamo parte tutti dello stesso pianeta, dello stesso mondo, siamo tutti collegati. E allora speriamo che questo periodo porti anche alla consapevolezza che l’ambiente in cui viviamo dipende da noi.
Rebecca Rolle ci spiega che possiamo considerare fondamentali quattro elementi: “La natura offre dei servizi ecosistemici (SE) e sono quei servizi che garantiscono la sopravvivenza dell’uomo e producono benessere. Li dividerei principalmente in 4 categorie:

  1. fornitura di risorse naturali come acqua dolce, cibo, combustibili, fibre, medicine naturali, informazioni genetiche;
  2. regolazione dei processi come il clima, la qualità dell’aria e dell’acqua, l’erosione, le malattie umane, il ciclo idrico e il controllo biologico;
  3. formazione del suolo, mantenimento del ciclo dei nutrienti e produzione primaria;
  4. benefici non materiali: religiosi, spirituali, culturali, ricreativi, estetici e educativi.

Aree Marine Protette, il progetto dell’Isola di Bergeggi

Di che cosa si occupa il tuo progetto?

Attualmente ho appena concluso un progetto sulla tutela delle Aree Marine Protette (Amp). Si tratta di uno studio scientifico sulla valorizzazione e tutela dell’Area Marina di Bergeggi sulle orme del progetto Full Immersion AMP della Worldrise Onlus. Insieme alla Worldrise (ente che si occupa della conservazione marina nel Mediterraneo) con Arianna Liconti, project manager della Onlus e l’Università Cattolica del Sacro Cuore abbiamo creato questo progetto di ricerca che per obiettivo ha la tutela della biodiversità dell’ecosistema marino.
Abbiamo lavorato a livello sociologico sottoponendo alle persone dei questionari perché è molto importante capire la percezione che la gente ha sull’ambiente. Ci siamo posti la domanda: “Quanta importanza danno le persone al mare?“. Per rispondere abbiamo chiesto loro quanto erano disposti a pagare per la biodiversità. Quanto erano disposti a pagare quindi per i coralli, per i pesci, per gli invertebrati, ma anche per i mammiferi, perché capita a volte anche nelle aree protette di trovarci di fronte a dei mammiferi.

Qual è l’obiettivo?

Questo è un percorso che l’Europa sta stimolando molto e l’obiettivo è riuscire a tutelare la biodiversità dandole anche un valore economico. Mi sono rivolta ai principali fruitori che sono:

  1. i subacquei;
  2. i turisti;
  3. la gente locale


Tre categorie a cui ho chiesto quanto sono disposte a pagare da 0 a 500 euro, una cifra simbolica non attraverso delle tasse (non ho specificato né il tempo, in un anno, una tantum, ogni volta, ecc né la modalità di pagamento).

Ho indagato la percezione delle persone e il progetto ha dato ottimi risultati perché siamo riusciti a capire quale delle classi è più disposta a pagare anche in base al reddito.

Rebecca rolle nel mare
Rebecca Rolle. Fonte: Instagram

Che cosa è emerso dai questionari?

  1. I dati raccolti indicano che la somma cui si è disposti a pagare è compresa tra 0 e i 50 euro;
  2. La correlazione tra disponibilità a pagare per la biodiversità marina e il reddito della persona cui è stata rivolta la domanda è direttamente proporzionale. Più è alta la fascia di reddito più si è disposti a pagare;
  3. I subacquei sono la categoria disposta a pagare di più.

Purtroppo le persone che abitano nel posto non sono disposte a pagare molto, sono le ultime, sono poco interessate. Una persona mi ha risposto “Non è compito mio dover pagare per tutelare il corallo che c’è a 40 metri sott’acqua”.

C’è disinteresse verso la natura e sicuramente è una mancanza di educazione, educazione e formazione.

Perché dovrebbero essere i cittadini a pagare per la tutela di un’Area Marina Protetta?

Personalmente se mi chiedessero di pagare 5 euro di ticket, come mi è successo in tantissime altre parti nel mondo, per entrare e per fare immersioni in questa isola io li pagherei. Soprattutto se so che vengono davvero destinati alla tutela e alla ricerca scientifica. Ci deve essere anche un controllo a posteriori.

Esistono questi controlli?

Sì assolutamente. Se il progetto è europeo ci sono dei criteri severissimi da seguire.

Come giustifichi allora questa diffidenza?

In Italia si ha un po’ la paura di dove possano poi finire questi soldi, di come vengano utilizzati. Secondo me è la paura più grande, anche quando chiedevo se era compito nostro dover pagare il ticket o se doveva pensarci il governo alla tutela, tantissimi mi hanno risposto “Sì, si certo, io lo pago per la tutela della natura, ma se poi non so dove vanno a finire questi soldi?”.

aree marine protette
Il progetto di Economia Ecologica e Sviluppo Sostenibile. Valorizzazione dell’Area Marina Protetta di Bergeggi di Rebecca Rolle e Arianna Liconti

I benefici economico-sociali dell’Amp dell’Isola di Bergeggi

Perché bisogna tutelare la biodiversità delle Aree Marine Protette?

Tutelando la biodiversità, andando quindi a tutelare una parte dell’intero sistema ambientale nascono tantissimi benefici. Ad esempio, il mantenimento della produttività degli ecosistemi. Se penso ad un’area marina, la biodiversità crea anche un benessere economico e sociale perché quando vai tutelare un’area produttiva dove si genera tantissima biodiversità, comincia anche a popolarsi tutta l’area circostante cosicché anche i pescatori possano economicamente far meglio il loro lavoro. Addirittura il pescato aumenta fino all’80 % intorno all’Aerea Marina Protetta. Quindi c’è un interesse economico ma anche sociale per quanto riguarda il turismo, l’educazione e la ricerca perché comunque un’area marina in ottimo stato attira il turismo.

Questo legame tra interessi è percepito dalle persone locali?

Purtroppo no, e questo è anche un discorso globale. Secondo me ci sono delle zone assolutamente più protette e più custodite. Addirittura ci sono Aree Marine Protette dove è vietata la caccia ma cacciano tranquillamente e la Guardia Costiera non dice nulla. Invece magari parliamo magari di altre AMP, piene di iniziative, ricerca scientifica e piene di giovani, molto protette e tutelate.

Quale pensi sia il motivo?

Se devo ipotizzare il perché, credo che la gente di Bergeggi vorrebbe anche portare avanti il turismo che per la Liguria è molto importante, ma sicuramente non vanno a pensare al legame che c’è tra il mare o meglio tra la biodiversità marina e il turismo, non pensano a come crearlo, a come tutelare un’area marina e a come conciliare le due cose.

La tutela della biodiversità in Italia

Quanta attenzione c’è per la tutela e la valorizzazione della biodiversità in Italia?

In Italia diciamo che ci sono tantissimi fondi che l’Europa adesso sta elargendo ma è difficile fare un discorso del genere a livello nazionale. Per il discorso oceano e il discorso mare addirittura l’Europa finanzia fino al 75% per la tutela della biodiversità del mare o dell’ecosistema, però parliamo di progettazione europea. Per quanto riguarda l’Italia, c’è ancora molto lavoro da fare: è necessaria un’azione integrata e cooperativa tra le diverse istituzioni, enti, privati e una cooperazione ibrida tra le diverse figure come biologi, ecologi, economisti, giuristi etc.

Tradurre la perdita della biodiversità: le conseguenze

Che conseguenze ha la perdita della biodiversità?

La perdita di specie ha, di regola, conseguenze dirette sugli ecosistemi. Anche se il più delle volte non è possibile fornire la prova dell’utilità di una singola specie, l’esistenza dell’uomo dipende dalla maggior parte di queste. La salvaguardia della diversità delle specie nel suo complesso è pertanto d’estrema importanza. La perdita della biodiversità, ad esempio, rappresenterebbe l’estinzione del capitale naturale e dei suoi servizi ecosistemici (SE) elencati prima, tutti necessari per la sopravvivenza del genere umano.

Ad esempio se pensiamo alla natura, sicuramente ci darà sempre meno verdura o meno frutta e ne risentono anche le risorse idriche. Avremo quindi una perdita della qualità del suolo, della qualità dell’aria, dell’acqua e così via. È tutto collegato. Quindi i problemi ci sono dall’alimentazione fino a che cosa respiriamo, a che cosa beviamo per arrivare alle malattie, soprattutto le malattie infettive.

Ci sono sempre benefici che la natura offre e con i quali vai a regolare un certo criterio. Attraverso la regolazione di un determinato fattore cerchi di mitigare l’altro o lo attacchi all’altro. In questo caso, in relazione alle malattie posso pensare che viene a mancare un tassello. Un altro esempio pratico potrebbero essere le cure, nel senso che nella maggior parte delle cure l’origine arriva da prodotti naturali, vegetali e magari una mancanza di quel prodotto naturale/vegetale può procreare poi una mancanza della cura stessa.

Qual è il mondo migliore che possiamo sognare?

Il mondo migliore è riuscire ad avere un mare pulito, riuscire a non nuotare nella plastica ma vedere pesci. Stime recenti informano che ad oggi ci sono 150mila tonnellate di plastica negli oceani e senza un’inversione di rotta entro il 2025 gli oceani conterranno una tonnellata di plastica ogni 3 tonnellate di pesce. Quindi, entro il 2050 ci sarà più plastica che pesce in mare. Queste sono stime scientifiche, sono dati.