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Coronavirus, torna a casa il carceriere di Giuseppe Di Matteo, ucciso e sciolto nell’acido

Pubblicato: 06/05/2020 18:05

Il carceriere di Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito ucciso e sciolto nell’acido nel 1994, è tornato a casa sua.

Anziano e malato, l’ergastolano Cataldo Franco ha lasciato la sua cella per tornare nella sua abitazione a Geraci Siculo, per proteggersi dal rischio di contagio da Covid-19. A chiedere che gli fossero concessi i domiciliari è stata la direzione carceraria del penitenziario di Opera.

Tenne Giuseppe prigioniero per qualche mese

Per alcuni mesi era stato l’uomo che aveva tenuto prigioniero il 13enne Giuseppe Di Matteo, colpevole solo di essere figlio di Santino, ex boss mafioso divenuto collaboratore di giustizia. Giuseppe era stato tenuto in un capanno utilizzato per la coltivazione delle olive, accudito dai suoi carcerieri e sfamato il minimo indispensabile. 

Dopodiché, nell’ottobre 1994, Franco aveva detto basta: rivoleva il suo capanno per poter cominciare a raccogliere le olive e il ragazzino sarebbe stato un problema. Così il piccolo Di Matteo fu spostato di luogo in luogo, per un po’ di tempo, fino a che si decise per la sua esecuzione.

Rapito per colpire il padre pentito

Giuseppe era stato rapito al solo scopo di convincere il padre a ritrattare le dichiarazioni fatte alla giustizia: a pianificare il rapimento fu Giovanni Brusca. Giuseppe rimane nelle mani di Cosa Nostra per 25 mesi: per tutto il tempo il padre si rifiutò di ritrattare le sue dichiarazioni. L’11 gennaio 1996 gli uomini di Brusca presero l’ormai 15enne, ridotto a un mucchio di ossa, lo strangolarono e sciolsero il corpo nell’acido.

La confessione di Brusca e le testimonianze

Successivamente furono la confessione di Brusca e la testimonianza di Gaspare Spatuzza, che prese parte al rapimento, a raccontare i fatti. Spatuzza raccontò di quanto fu facile rapire il ragazzo, travestiti da poliziotti della Dia: “Agli occhi del ragazzo siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi. (…) Lui era felice, diceva ‘Papà mio, amore mio’ “.

Nel 2012, per il sequestro e l’omicidio, sono stati condannati all’ergastolo Matteo Messina Denaro -ancora latitante- Leoluca Bagarella, Giuseppe Graviano, Giovanni ed Enzo Brusca, Salvatore Benigno, luigi Giacolone e Francesco Giuliano.

Ultimo Aggiornamento: 06/05/2020 18:10