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Piero Chiambretti: il racconto dei giorni in ospedale col Coronavirus

Pubblicato: 18/05/2020 11:54

La storia di Piero Chiambretti è tristemente nota. Il conduttore ha conosciuto da vicino, come molti altri l’emergenza coronavirus. Più di un mese fa Chiambretti ha combattuto contro l’infezione da Coronavirus. Il conduttore è ce l’ha fatta, ma con lui in ospedale c’era anche la madre, anche lei positiva al Coronavirus, che però non ce l’ha fatta. A due mesi di distanza dal ricovero in ospedale, Chiambretti ricorda tutto in una lettera: la paura, la madre e i medici, considerati gli eroi di questa emergenza.

La lettera per ricordare il Covid-19 e il ricovero in ospedale

Era il 16 marzo quando Chiambretti e la madre sono stati ricoverati d’urgenza all’Ospedale Mauriziano di Torino. I tamponi confermano: hanno entrambi il coronavirus. “Un giorno che non potrò mai dimenticare“, scrive nella lettera che affida a Repubblica. Il conduttore ricorda la paura di chiunque entrasse in ospedale con sintomi compatibili con il Covid-19: “Gli occhi di quelli che arrivavano ad ogni ora, come in un ospedale militare da campo, erano spalancati, terrorizzati, in cerca di qualche segnale di conforto. E da subito quel segnale arrivò da un gruppo di infermieri e medici“.

I medici e gli infermieri sono per tutti gli eroi di questa emergenza: “Tutti giovanissimi con una energia che trasmettevano ogni volta che li chiamavi, sempre sorridenti e rassicuranti, anche laddove le condizioni di salute non erano buone“. E ancora: “Sempre presenti, il giorno come la notte, sempre vestiti dalla testa ai piedi con le maschere protettive che lasciavano evidenti segni in faccia“.

In ospedale i rapporti di fanno subito stretti: “Ci chiamavamo per nome e la sensazione che ho avvertito nitidamente è che spesso si sostituissero ai famigliari che molti non avrebbero visto mai più. Io li ricordo tutti con affetto per come ci hanno seguito, tanto che molti di loro li abbiamo sentiti ancora dopo essere stati dimessi“.

La morte della mamma

A segnare però quei giorni non c’è solo la propria malattia, ma anche la morte della madre Felicita: “La mia storia è tristemente nota. In pochi giorni nello stesso reparto ho perso mia mamma, ma anche con lei il personale medico è stato perfetto, hanno tentato di tutto per salvarla, dandomi un sostegno psicologico nelle ore più difficili“. Poi conclude: “La mattina successiva la morte di mia mamma, io miracolosamente ho cominciato a stare bene (grazie Felicita), tanto da essere dimesso dopo una settimana e due tamponi negativi“, spiega. “Era un lunedì pomeriggio, quando impreparato a lasciare l’ospedale sono tornato a casa in taxi in pigiama, considerato che portato via d’urgenza quindici giorni prima a sirene spiegate, non avevo neppure una borsa“.