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Massimo Bossetti, il grido disperato: “Per favore, che qualcuno mi aiuti”

Pubblicato: 22/06/2020 19:00

Massimo Bossetti, condannato in via definitiva per l’omicidio di Yara Gambirasio, non ha mai smesso di dichiararsi innocente. Dopo aver scritto al direttore del quotidiano Libero, il carcerato ha ripreso in mano carta e penna e inviato una lettera a Giovanni Terzi, giornalista della stessa testata. La Vita in Diretta ne svela il contenuto in esclusiva.

L’attacco al sistema giudiziario

Dal carcere di Bollate, Massimo Bossetti riempie una pagina di parole cariche di rabbia e drammaticità con una grafia fitta. “Ormai penso che sia palese negli occhi di tutti voi nel capire il perché della motivazione di tutte queste anomale, ennesime negazioni!”, scrive Bossetti. L’uomo ribadisce la sua innocenza, attaccando il sistema giudiziario italiano: “Vogliamo smetterla nel farci prendere in giro da questo infinito, disumano, vergognoso sistema che sembra essere più dominante di una verità insabbiata e rendere finalmente a me e a Yara una vera degna giustizia?”.

Massimo Bossetti e la lontananza dai figli

L’appello a Giovanni Terzi non può essere frainteso. “Per l’amor di Dio, mi aiuti insieme ai miei avvocati e a chi di dovere affinché io possa accertare l’unica verità di sempre”, supplica Bossetti. La verità di Bossetti, ovvero la sua estraneità alla tragica morte di Yara nel 2010. “Per favore, che qualcuno mi aiuti”, prosegue il condannato, “i miei poveri figli non sanno cosa significhi possedersi il proprio padre al loro fianco e io di conseguenza non riesco più a percepire quanto fosse bello tutto quel loro affetto, quel loro amore quotidiano, e che un figlio possa realmente trasmettere e regalare al proprio genitore, che è assolutamente un sacrosanto diritto e vitale per continuare nel vivere ad ognuno di noi”.  Il muratore di Mapello soffre la lontananza dalla sua famiglia, dalla moglie Marita Comi e i loro tre figli.

“Un massacro giudiziario quotidiano”

“Aiutatemi – conclude Massimo Bossetti – questo è il grido di una persona disperata in preda a una immensa sofferenza ingiusta di un massacro giudiziario quotidiano. Per Giovanni Terzi, ospite a La Vita in Diretta, queste sono le parole di un uomo sincero. “Non penso sia una tattica difensiva, se ci fosse stata probabilmente il rito abbreviato avrebbe portato a uno sconto della pena”, spiega il giornalista. A parer suo, sarebbe giusto cercare di riaprire il caso Yara per garantire finalmente giustizia. “Credo che questo sia un giusto grido disperato poter riprovare che lui non è l’assassino di questa povera ragazzina”, ribadisce Giovanni Terzi.

Il difensore di Bossetti: “Siamo arrivati al paradosso”

Il difensore di Massimo Bossetti, Claudio Salvagni, ha tentato in ogni modo di ottenere una revisione del processo, chiedendo di rianalizzare i reperti raccolti durante le indagini. Un’indagine lunga, complessa e costosa, che ha portato a effettuare 8mila test del DNA. Salvagni afferma però che la difesa non ha mai avuto accesso ai risultati di quei test. “Sembrerà incredibile – commenta – al punto che inizio a dubitare che questa sia un’indagine effettivamente svolta, non credo più che siano stati svolti 8mila test”. La difesa so è anche vista negare l’accesso alle fotografie in alta definizione dei reperti: “Siamo arrivati al paradosso”, è la critica dell’avvocato.