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Omicidio-suicidio a Rivara, nuovi dettagli su come è stato ucciso il piccolo Andrea

Pubblicato: 22/09/2020 10:51

Claudio Baima Poma avrebbe caricato la sua arma, detenuta illegalmente, con due soli proiettili. Poi sarebbe andato dal figlio e l’avrebbe ucciso, per poi rivolgere l’arma contro di sé.

Le analisi stanno facendo emergere maggiori elementi riguardanti la dinamica dell’omicidio-suicidio di Rivara, messo in atto da un operaio di Rivara di 47 anni che ha ucciso il proprio figlio per poi togliersi la vita.

Aveva un’arma detenuta illegalmente

Baima Poma è entrato, non si sa bene come, in possesso di una Beretta 71 con calibro 7,65. L’ha caricata con due proiettili e poi si è diretto verso la camera da letto dove il figlio stava dormendo. Lì, il piccolo Andrea è morto nel sonno, ucciso da uno dei due proiettili che lo ha colpito al cuore: subito dopo è morto suo padre, che ha rivolto la pistola contro di sé ed ha sparato. I due bossoli sono stati trovati sul letto, vicino ai corpi.

Parla il padre di Claudio Baima Poma

Domenico Baima Poma, padre di Claudio, a Il Corriere ha confidato di non avere idea del fatto che il figlio avesse un’arma. “Non ho mai saputo che avesse una pistola”, ha detto l’uomo, spiegando che per padre e figlio era stato un periodo difficile. Da una parte, Claudio era finito in depressione (“Era in cura da un paio d’anni”, spiega il padre), dall’altra, il bambino aveva sofferto per l’incrinarsi dei rapporti tra i genitori: “Aveva vissuto male la separazione, aveva detto che sarebbe venuto a vivere con noi, non sarebbe mai andato via da Rivara, questo era il suo mondo. Adorava i Lego e i giri in moto con suo padre”.

Su Claudio nessuno aveva alcun sospetto: “Claudio viveva per suo figlio, non lo avrebbe mai lasciato solo”.

Il sindaco di Rivara: “Erano sempre insieme”

Il padre di Baima Poma non è il solo a raccontare di un rapporto idilliaco tra l’operaio e il suo bambino. A Il Corriere parla anche Roberto Andriollo, Sindaco di Rivara e amico di famiglia, che racconta: “Erano sempre insieme. Andavano in bicicletta, passeggiavano, facevano i compiti. Erano inseparabili. Oggi non andando a scuola doveva stare con lui. La madre doveva lavorare. Andrea era così contento”.

Lo psichiatra parla di “dimensione psicotica”

Anche il profilo Facebook dell’operaio (lo stesso che ha ospitato i messaggi d’addio dell’uomo) mostra una realtà idilliaca fatta di gite in moto, vacanze, passeggiate e mille attività padre-figlio. Quelle foto erano però solo una facciata, spiega Massimo Di Giannantonio, Presidente della Società Italiana di Psichiatria. “È il dramma della depressione psicotica, quelle foto erano lo schermo alla realtà interna che quell’uomo si stava costruendo”, ha spiegato a Il Corriere. “Una realtà manipolata, occultata con false sensazioni di serenità“.

Ultimo Aggiornamento: 22/09/2020 13:45