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Mascherine Ffp2 e Covid: come riconoscere quelle non a norma e cosa è noto sul caso CE 2163

Pubblicato: 16/03/2021 18:30

A più di un anno dall’inizio della pandemia è ormai chiaro che la scelta dei dispositivi di protezione è fondamentale per limitare i contagi e proteggere la propria salute. Recentemente alcuni controlli sulle mascherine distribuite in Europa hanno spinto le istituzioni a segnalare quelle non ritenute a norma.

Stop alle mascherine di stoffa, serve una protezione superiore al 90%

L’aggravarsi della situazione pandemica a livello globale ha recentemente richiesto un cambiamento nell’adozione della scelta delle mascherine. Dopo aver imparato a riconoscere le varie tipologie di dispositivi di sicurezza presenti sul mercato infatti, qualche settimana fa era arrivato un monito dal Ministro della Salute francese. Il politico aveva fortemente sconsigliato l’utilizzo di alcune mascherine. A finire nel mirino erano state principalmente le mascherine di stoffa. Fra queste infatti, quelle prodotte artigianalmente in casa venivano definite come inadatte a garantire un filtraggio adeguato delle gocce di saliva potenzialmente infette.

“Rimangono valide tutte le mascherine con potere filtrante superiore al 90%”, riferiva il ministro della Salute d’oltralpe Olivier Véran. Il politico aveva quindi invitato a preferire le mascherine Ffp2 e quelle chirurgiche, poiché dotate di certificazione utile a garantirne l’efficacia. Da quanto emerso recentemente tuttavia, non tutte le mascherine Ffp2 sarebbero da considerare a norma.

I siti per controllare in autonomia

Nell’ultimo periodo si è molto discusso a proposito della messa in circolazione di alcune mascherine Ffp2 che non superano i test necessari a garantire una certificazione di validità. Per controllare autonomamente se la validità del modello di mascherina che si ha intenzione di acquistare, è possibile utilizzare l’apposito database presente sul sito ufficiale dell’Unione europea. Se la ricerca effettuata all’interno di questo archivio virtuale non produce alcun risultato, è consigliabile diffidare dal modello oggetto di dubbio.

Il sito dell’Inail riporta inoltre gli elenchi dei dispositivi autorizzati, scaricabili in formato pdf.

Ffp2 non a norma: i codici per riconoscerle

Come riportato da ilgiornale.it un ulteriore sito a cui affidarsi per individuare i distributori di dispositivi di sicurezza ritenuti poco affidabili è quello dellEuropean Safety Federation. L’organizzazione ha infatti messo a disposizione una lista delle società che hanno presentato certificati sospetti.

Paolo D’Ancona, medico epidemiologo dell’Istituto superiore di Sanità, ha comunque consigliato di mantenere alta l’attenzione in fase di acquisto. L’esperto ha suggerito di scegliere unicamente i canali ufficiali: “Come le farmacie o i supermercati, controllando che all’esterno ci sia scritto ‘a norma Uni En149:2001′”.

Soffermandosi sulla buona aderenza al volto e sulla qualità dei dispositivi, D’Ancona ha ancora aggiunto: “Quando ci sono difetti che saltano agli occhi bisogna sospettare“.

Un caso sospetto: CE 2163

Nell’elenco dei casi sospetti dell’European Safety Federation non si trova attualmente l’Universalcert, codice CE 2163. Tuttavia proprio su questo dispositivo sono in corso delle indagini. Alcune mascherine infatti sembrerebbero non superare i test effettuati presso alcune società di controllo europee. Le verifiche avvenute in Italia, Germania e Spagna hanno rilevato che parte di queste mascherine non sarebbe in grado di superare prove fondamentali. Nello specifico si tratterebbe della ridotta capacità di filtraggio del cloruro di sodio e dell’olio di paraffina.

Parlando con Il Corriere della Sera, il vicedirettore del Dipartimento Certificazione e Ispezione scelto dal Governo italiano per accreditare gli organismi di certificazione nazionali ha descritto la delicatezza della situazione. Essendo a conoscenza dell’indagini attivate sul caso, Lorenzo Petrilli ha affermato: “Fino a quando un organismo notificato resta sul database Ue, dobbiamo presumere che operi correttamente”.

La risposta alle accuse dell’ente turco

Come riportato dall’AGI, l’ente turco ha respinto l’accusa di aver approvato delle mascherine non conformi. La società ha ribadito la regolarità dei dispositivi CE 2163, certificati seguendo il sistema di marcatura stabilito dall’Unione europea.

“Come tutti gli enti certificatori Universal Certification esegue esami iniziali sul modello di mascherina e in seguito conduce controlli a campione sulla produzione in serie, per verificare che la qualità del prodotto sia omogenea con quella verificata nei test. Non è possibile per nessun ente certificatore verificare ogni singola mascherina”.

L’azienda ha anche smentito l’accusa che i tempi di certificazione siano più brevi rispetto alla norma, spiegando di aver rispettato un periodo medio di 2/3 mesi. La società ritiene che le notizie sulle mascherine CE 2163 siano conseguenza di alcuni test non condotti dalle “autorità di supervisione” incaricate dall’Ue. Osman Camci, direttore dell’ente certificatore ha quindi spiegato che le verifiche effettuate fino a ora non possono valere come prova ufficiale.

Secondo Camci, i test “sembrano essere stati promossi da un’azienda commerciale”, della quale “non sono note le modalità di esecuzione e le procedure seguite“. La società avrebbe richiesto di conoscere ulteriori dettagli in merito, ma a quanto riportato non li avrebbe ancora ricevuti.

I consigli per il controllo da casa

Lorenzo Petrilli ha suggerito ulteriori verifiche da eseguire per capire se la mascherina acquistata è a norma, basandosi sulle informazioni riportate sulla confezione. Devono infatti essere presenti tanto le istruzioni per l’uso quanto la dichiarazione di conformità, entrambi “scritti nella lingua del Paese di vendita”. Inoltre il vicedirettore incaricato dal Governo ha spiegato: “Generalmente la dichiarazione di conformità si trova sul sito del fabbricante, e nelle istruzioni va indicato l’indirizzo in cui è possibile trovarla”.

Proprio tale dichiarazione infatti garantirebbe la certificazione del dispositivo da parte di un organismo autorizzato dall’Unione europea e la verifica tramite analisi di laboratorio.