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Crisi demografica: dal 2100 potrebbe diventare un problema mondiale

Pubblicato: 31/05/2021 09:17

Per alcuni il problema non esiste, perché in quasi tutto il resto del mondo le nascite superano di gran lunga le morti e anzi il presente e l’immediato futuro delle metropoli del Sud del pianeta è piuttosto segnato dalla sovrappopolazione. Oppure perché parlare di denatalità può andare contro la propria ideologia e cultura politica. E si preferisce accantonare il problema.

Che però è sempre più importante. Soprattutto nel nostro Paese. La pandemia, con i suoi morti, ma soprattutto con il crollo delle già pochissime nascite, ha solo accelerato l’esordio di un processo già previsto di riduzione della popolazione italiana

Processo che però interesserà nel lungo periodo anche il resto d’Europa e, anche se ora se ne parla molto poco, il mondo intero

Non è un caso però che in Italia si sia cominciato a occuparsene, almeno in termini di presa di coscienza del problema. Perché i numeri sono piuttosto impietosi, anche quelli meno pessimisti,

Perderemo quasi 10 milioni di abitanti entro il secolo

Le proiezioni di Eurostat mostrano come da una popolazione di circa 60 milioni di persone gradualmente scenderemo nei prossimi 80 anni a una di circa 51,4, con un calo quindi di circa il 15%, più accentuato tra il 2050 e il 2070, che vanificherebbe l’incremento demografico degli ultimi 60 anni, visto che torneremo al numero di abitanti che popolavano l’Italia nei primi anni ‘60. 

Con una differenza fondamentale: se allora la percentuale di italiani con più di 65 anni era circa del 10%, alla fine del XXI del secolo è destinata a diventare del 33% circa. Oggi, tanto per capire, è ancora del 23%.

I problemi di sostenibilità del welfare e del sistema pensionistico e di calo della domanda di consumatori sempre più anziani potranno solo aggravarsi. 

A meno di immaginare un miracoloso aumento della produttività del lavoro e dell’automazione che consenta ai pochi lavoratori di mantenere decine di milioni di genitori e nonni. 

Fonte: Eurostat, rielaborazione di Momento Finanza

Nel Mezzogiorno la popolazione scenderà di un quarto entro il 2066

In Italia ogni trend in campo economico e sociale risente degli ampi divari presenti a livello geografico tra le diverse aree del Paese.

Così non possiamo parlare di crisi demografica senza considerare il modo estremamente eterogeneo con cui è destinato a colpire il Nord, il Centro, il Mezzogiorno.

Con quest’ultimo che sembra andare incontro a una desertificazione. La popolazione nel Sud e nelle Isole scenderà dai 20,5 milioni attuali a circa 15,5 in 55 anni. Un calo del 24,5% quasi sei volte superiore a quello che interesserà il Nord, dove anzi dovrebbe cominciare solo dopo il 2050. Fino ad allora si dovrebbe invece assistere a un leggero aumento della popolazione settentrionale, alimentata dall’immigrazione, sia dal Mezzogiorno che dall’estero. Ma anche da tassi di fertilità più alti che nel resto d’Italia. 

Appare paradossale considerando che da sempre in realtà è al Sud che nascono più figli e che le famiglie sono più numerose. Ma già oggi non è più così. È la provincia di Bolzano che detiene il record di numero di figli per donna, 1,71 nel 2019, seguita da Sondrio e Trento. E solo dopo vengono Palermo, Catania, Napoli, superata, quest’ultima, anche da Cuneo, Reggio Emilia, Verona. 

Fonte: Istat, rielaborazione di Momento Finanza

In Svizzera, Irlanda e Svezia il XXI secolo sarà di boom demografico

Che sulle Alpi si facciano più figli che sul Mediterraneo sembra confermato dai dati delle proiezioni demografiche dei vari Paesi europei. Che appaiono estremamente divergenti, ancora più di quelle riguardanti l’Italia. 

Nell’Est Europa nonostante una crescita economica maggiore della media non si fermerà lo spopolamento. La Lettonia è destinata a essere il Paese che in questo secolo vedrà la maggiore emorragia, con la perdita del 43,3% degli abitanti. Andrà male anche in Romania, la cui popolazione scenderà di un terzo. 

L’Italia si conferma, con un -14,7%, il Paese dell’Europa Occidentale con il peggior calo demografico previsto.  Superiore a quello medio europeo, del 7,1%, o a quello spagnolo, del 3,2%.

La Germania, che prima dell’ondata migratoria del 2015-2016 perdeva abitanti, è previsto invece rimanga in una situazione di stabilità. Anche per il recupero del tasso di fertilità. 

Più della crescita del Pil alla fine probabilmente conta il livello degli stipendi. Anche così si spiega il dato svizzero: nel Paese alpino la popolazione aumenterà del 40,3% nei prossimi 80 anni, mentre in Irlanda e Svezia, altri Paesi che uniscono un alto numero di figli per donna a un importante flusso migratorio, crescerà di circa un terzo. 

Fonte: Eurostat, rielaborazione di Momento Finanza

Per le Nazioni Unite entro il 2100 le morti raggiungeranno le nascite sul pianeta

Il declino demografico però non è solo un problema della vecchia Europa e in generale dei Paesi ricchi. 

Quel processo che vede, con l’arrivo dello sviluppo economico, una riduzione del numero dei figli, interessa tutto il mondo. È già evidentissimo in Cina, dove il tasso di fertilità è simile a quello italiano, e non solo per la legge del figlio unico, ormai abbandonata.

Ma anche nelle grandi aree urbane indiane e africane. Le donne diventano sempre più istruite, escono dalla famiglia per lavorare, la società patriarcale molla la propria presa, l’uso dei contraccettivi è sempre più diffuso. E le nascite diminuiscono.

Tanto che le Nazioni Unite prevedono che il 2100 vi potrebbe essere una sostanziale parità tra il numero dei nati e dei morti. Data dopo la quale la popolazione mondiale potrebbe cominciare a diminuire.

Si tratta naturalmente di stime, che dipendono da una quantità enorme di variabili, tra le quali l’effettivo sviluppo dell’area in cui l’aumento demografico oggi è maggiore, l’Africa subsahariana. 

Fonte: Nazioni Unite

In realtà l’inversione della crescita della popolazione potrebbe avvenire anche prima, o tardare, o non verificarsi mai. Quest’ultima evenienza è però la più improbabile. 

Del resto nel nostro piccolo possiamo osservare come le previsioni sull’Italia, vecchie solo di 2-3 anni, si stiano rivelando già obsolete e siano da rivedere al ribasso.

L’Istat certifica che al 1 gennaio 2021 la popolazione italiana era scesa a 59.257.566 abitanti, quindi al di sotto di quella soglia di 60 milioni su cui, secondo Eurostat e non solo, saremmo dovuti rimanere ancora per diversi anni. 

Dovremo attendere alcuni decenni, ma probabilmente è inevitabile, intorno al 2040-2050-2060 il tema del declino demografico a livello mondiale diventerà uno dei più importanti o forse il più importante dei problemi globali, chissà magari anche più del riscaldamento globale e della decarbonizzazione. 

E per una volta come italiani avremo anticipato il resto del mondo.