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Aborto, chi vince tra un embrione non desiderato e una donna prigioniera della morale? Due diritti a confronto

Pubblicato: 30/12/2021 07:33

Che reazione avete quando una donna vi dice: ‘Sono incinta‘? La mia è chiedere se ne è felice. Non credo sia giusto dare per scontato che un figlio sia voluto, e che la gioia debba sempre essere accompagnatrice di un test di gravidanza.

Per fortuna in tutela della donna e della libera scelta c’è la legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza, anche se l’applicazione di questa nella realtà è ancora troppo nebulosa e soprattutto il Ministero della Salute non aiuta alla comprensione dell’effettiva libertà di scelta sulla gravidanza. Insomma la legge c’è, ma non si sa se viene fatta rispettare.

Questo tema, come mi suggerisce Chiara Lalli, docente di Storia della Medicina e autrice di saggi di bioetica, comprende tematiche molto più ampie di quelle legate unicamente all’aborto: “Dentro l’aborto c’è la sessualità, la libertà, la possibilità di scegliere, le pari opportunità, il ruolo della donna nel proprio destino. Stiamo meglio del secolo scorso o meglio delle nostre nonne, però la strada è ancora lunga”.

Obiettori di coscienza e morale

Per sapere lo stato effettivo dell’attuazione della legge il Ministero ha diffuso a settembre una relazione sull’attuazione della legge 194/78, che dovrebbe quindi necessariamente parlare anche del numero di obiettori di coscienza del 2019 (non è un errore di battitura: a settembre 2021 sono stati resi pubblici i dati del 2019), ma non per struttura, ma in dati aggregati, dai quali non si può evincere nulla, tanto meno se questa legge è rispettata.

Chiara Lalli e Sonia Montegiove, informatica ed esperta di open data, stanno curando l’indagine “Mai dati!” chiedendo alle singole regioni dati non aggregati, in modo da capire la possibilità di aborto di una donna che non ha intenzione di proseguire una gravidanza non desiderata.

Io e Chiara iniziamo, inevitabilmente, a parlare di morale e di come l’aborto sia diventato quasi solo un problema morale e non più un servizio di sanità pubblica.

In soccorso della morale non dovrebbe arrivare la scienza? Perché nei primi tre mesi un embrione è un embrione, cioè non è dotato di coscienza e la questione del diritto dell’altro sussiste nel momento in cui l’altro è un essere umano dotato di coscienza, che ha tre mesi dall’annidamento dell’ovulo non c’è ancora.

“La scienza è fondamentale ed è una condizione necessaria, però diciamo che il nodo morale non è risolvibile, almeno non per tutti, con questa premessa, perché secondo alcuni non basta. Non tutti, per esempio, riconoscono che la presenza della coscienza o di qualcosa che le somigli sia ciò che distingue le persone dalle non persone, è un po’ lo stesso discorso sul fine vita.
La discussione sullo statuto morale e giuridico dell’embrione e del feto per alcuni viene risolta dicendo che fin dal concepimento ci sono diritti fondamentali o per la potenzialità o per l’unicità. Poi sono tutti argomenti fragili e contestabili, però diciamo che non tutti accettano questa premessa e basta che sia appartenente alla nostra specie per dichiarare un diritto a nascere o un diritto a essere protetto. Il nodo morale probabilmente rimarrà sempre controverso, quello che si può provare a fare è capire quali sono poi le conseguenze di quelle premesse morali e normative”.

La vera faccia della questione morale: lo stupro non ha il potere di cambiare l’ontologia dell’embrione

“Ti faccio due esempi.
Molte leggi conservatrici ci dicono: tu non puoi abortire perché non vuoi un figlio, ma puoi farlo in caso di stupro. Lo stupro è un’eccezione abbastanza ricorrente.  Ed è del tutto incoerente, nel senso che se il divieto e la condanna all’aborto si basa e sui diritti a nascere, ad essere protetti, sul fatto che l’embrione è una persona come te e me, allora lo stupro non ha il potere di cambiare l’ontologia dell’embrione. Quindi è solo una contraddizione.
È una contraddizione spesso che la gente non vede e che ha un’applicazione politica: se io vengo a fare un comizio e sono un Pro-Life e ti dico ‘dobbiamo proteggere la vita‘, allora va bene. Ma se ti dico ‘Siccome sono per la vita, neanche se ti stuprano ti permetto di abortire‘ è molto impopolare, però è coerente. Il problema è che bisogna invece far vedere che è coerente, che questa è la vera faccia o la faccia intera di quella premessa, perché sennò ci vediamo solo quello che vogliamo. È facile convincere qualcuno quando gli diciamo noi siamo a difesa della vita, ma certo, chi è che difende la morte?”

Peggio l’aborto dell’abuso sessuale

“E l’altra follia è lo scandalo e la polemica conseguente a chi dice: ‘peggio l’aborto dell’abuso sessuale‘. Ma se la premessa è questa, cioè che fin dal concepimento ci sono diritti fondamentali morali e giuridici dell’embrione, allora questa frase dice il vero, perché è più grave ammazzare una persona che abusarne sessualmente.

Altra cosa ancora è chi si scandalizza, questo è successo negli Stati Uniti 20 anni fa e poche settimane fa, e torna in Polonia con gli aborti spontanei, quando si condanna una donna che ha abortito per omicidio colposo o volontario. Ci fu un caso terrificante vent’anni fa nei confronti di una donna che ha partorito neonato morto e l’hanno condannata per omicidio 12 anni di galera. 

Queste non sono stranezze di un sistema, sono gli  effetti coerenti e necessari di quelle premesse lì, e io credo che sia necessario riflettere su quella permessa e a trovare che c’è qualcosa che non va lì: devi fare una scelta o dici che l’embrione è una persona e ha dei diritti e quindi vieti di abortire anche se la mamma è stata stuprata, oppure se questa conseguenza ti fa orrore, devi arretrare, tornare alla premessa e dire che c’è qualcosa che non va lì”.

Una morale a senso unico

Questa morale però funziona solo per quanto riguarda l’embrione e non per quanto riguarda la donna. La donna in questo discorso viene concepita solo come un utero, e non come una persona anche lei dotata di diritti e di coscienza, quindi si tutela molto di più chi non c’è ancora di chi è già in vita:

“Sì, è terribile non considerare le donne come esseri pensanti, come esseri dotati di diritti e di possibilità di scegliere. Ma tenendo quella premessa di partenza sono in contrapposizione due diritti: da una parte il diritto di uccidere, secondo la premessa e i pro-life a tutti i costi, e dall’altra il diritto di fare del tuo corpo ciò che vuoi e quest’ultimo è più debole.
Poi sai sembra che ci si preoccupi solo dell’embrione, finché sei un feto delegato ad una donna, poi quando nasci cavoli tuoi.”

È come se alla nascita perdessi dei diritti. Quello su cui mi porta a riflettere Chiara mi sembra un incubo, ma purtroppo non sono io che sto dormendo. Tutelare un embrione che non ha chiesto di nascere, ma che, almeno in questo stato evolutivo, non è desiderato non mi sembra che rispetti nessun diritto, né quello della donna, né tantomeno quello del futuro feto. Conta solo il diritto di nascere, poi della qualità di quella vita che nessuno ha chiesto e voluto a nessuno importa.

Come non importa a nessuno lo stato di salute e ricordando tristemente che l’OMS ha come obiettivo “il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute”, e che questa viene giustamente definita come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale”, allora mi chiedo: di quale stato di benessere stiamo parlando? Di quello della donna? O di quello di un embrione non desiderato?