Vai al contenuto

Checco Zalone, la satira dell’italiano medio e quelle “risate sbagliate”: applausi e polemiche a Sanremo 2022

Pubblicato: 03/02/2022 02:08

Voluto, cercato e infine avuto: Checco Zalone sul palco dell’Ariston per la seconda serata di Sanremo 2022 è stato esattamente tutto quello che ci si aspettava, nel bene e nel male. La maschera che Luca Pasquale Medici ha scelto di indossare nella sua carriera, quella dell’italiano medio, è divisiva perché consapevole di esserlo, ma forse l’attore, comico e regista non si rende conto che, su certi temi, suscita le “risate sbagliate”.

Checco Zalone tra il pubblico dell’Ariston: è l’apoteosi dell’italiano medio

Il terzo Sanremo di Amadeus sembra aver preso una strana direzione, quest’anno: dopo le battute di Fiorello sul fatto di non avere diplomi, lauree o titoli di studio, nella seconda serata è arrivato all’Ariston il campione dell satira “italianomedista”, Checco Zalone. Un comico brillante e assolutamente di valore: dal palco alla regia, le sue storie sono intrise di una satira che colpisce a fondo e che, a volte, non lascia neppure segni in superficie. Quando nel 2020 è uscito Tolo Tolo, per esempio, molti suoi sostenitori sono rimasti sbigottiti dal fatto che il film sotto sotto nascondesse un messaggio del tutto lontano dallo stereotipo razzista che aveva immediatamente fatto ridere “perchè vero”. Zalone è Maestro in questo: nel prendere in giro chi ride di e con lui, senza che ci si renda neppure conto di essere il bersaglio di quella stessa ironia.

Una formula che funziona ancora bene e lo ha dimostrato, nella stessa sera, con le canzoni Poco Ricco e il medley dei virologi, uno spaccato di attualità divertente e preciso. Il problema della performance di Zalone, però, è a monte e ancora una volta tocca un tema che in Italia non si riesce ad affrontare in modo intelligente, prima ancora che serio: le donne.

Sanremo, le donne, Checco Zalone e quel problema mai risolto da Amadeus

Checco Zalone parte proprio da lì, dal pubblico della galleria, perché “sono uno di loro“. E nei loro panni raggiunge Amadeus sul palco, dove con più eleganza di Fiorello sciorina battute e prese in giro al conduttore. Si arriva a parlare delle co-conduttrici della serata – subito dopo al toccante monologo di Lorena Cesarini, inversamente proporzionale ai beceri insulti che le sono stati riservati – e Zalone dice: “Manca però quella scema, vi ricordate quando potevano uscire alla televisione le sceme? L’italiano ci è rimasto male“. Continua puoi prendendo in giro Amadeus, convinto che “sia importante prediligere la bravura, la cultura e il talento di una donna“. Altra battuta di Zalone, altre risate, altri applausi.

La satira è satira, quella di Zalone è leggibile e di successo, ma è il momento prima della punch line (la parte finale della battuta) a rappresentare il problema che sta suscitando, in rete e da diverse associazioni, molte polemiche nei confronti del comico. Da un lato, Amadeus conferma di essere pressoché incapace di non sembrare paternalistico quando dice una qualsiasi cosa sulle donne che chiama sul palco: sono tutte bellissime, di successo, ma soprattutto vuole che si sappia che predilige la bravura e il talento femminile. Nel 2022, non dovrebbe essere il conduttore di Sanremo a scoprire l’acqua calda dei diritti sulla parità di genere, né il tema dovreste prestarsi ad una dissacrante ironia che ha il solo risultato di sminuire la portata stessa di un tema fondamentale e un obiettivo non ancora raggiunto. Le donne brave, di talento e cultura non sono una battuta recitata male da Amadeus, che di passi indietro ne ha fatti e ne continua a fare anche quando sembra arrivato con le spalle al muro.

Checco Zalone all'Ariston per Sanremo
Checco Zalone all’Ariston per Sanremo

Checco Zalone ha una lezione da imparare da Dave Chapelle

Stereotipata, anacronistica e pesantemente criticata anche la favola LGBTQ+ che Checco Zalone ha portato a Sanremo. Da una lato l’attivista e consigliere comunale di Milano Monica Romano, che annuncia “comunicati stampa contro questo scempio“. Dall’altro le risate di Mario Adinolfi, che incensa Zalone definendolo “l’Alberto Sordi del XXI secolo italiano“. Proprio il placet del controverso giornalista dovrebbe far capire che Checco Zalone è arrivato pericolosamente vicino a quel punto di rottura che in passato ha segnato la temporanea fine della carriera di uno dei migliori interpreti della storia della risata: Dave Chapelle.

L’attore e sceneggiatore statunitense era una vera e propria leggenda quando sparì dalla circolazione: lasciò il suo show e un contratto da decine e decine di milioni di dollari e solo anni dopo si è saputo il motivo. A spingerlo a mollare tutto, fu una “risata sbagliata” durante uno sketch: nei panni di una fatina con la faccia scura che incarna tutti gli stereotipi dei neri, Chapelle sentì una uomo bianco ridere tra il pubblico. La risata, però, non era in linea con l’intenzione dello sketch: non stava ridendo della parodia, della satira o del sottotesto di denuncia sociale messo in scena, ma dell’aspetto superficiale, di una fatina con la faccia sporca di nero. “Quando ha riso, mi ha fatto sentire a disagio – ha detto il comico – È stata l’ultima ripresa che ho fatto nello show prima di andarmene via“. Nella storia di Chapelle, è contenuta una lezione che Checco Zalone dovrebbe imparare.

Checco Zalone a Sanremo ride dell’italiano medio, ma lui non lo sa

La maschera di Checco Zalone non è diversa da quella del comico americano: il pugliese punta a fingersi l’italiano medio e colpirlo “da dentro”, ma è un meccanismo che non funziona se il diretto interessato della satira non è consapevole di essere bersaglio di una parodia e continua a spassarsela come se nulla fosse. La risata che Zalone ha suscitato all’Ariston scherzando su temi come la parità o l’identità di genere ha il puro intento di provare a far fare un passo avanti, ma ottiene il risultato opposto: cristallizza il problema, convince l’italiano medio che finché queste sono le cose su cui si scherza – donne sceme, donne che puliscono, gay e trans con ossessioni sessuali – allora può continuare a perpetrare quel pensiero retrogrado che tuttavia sembra essere tanto comune da finire in uno sketch nella seconda serata di Sanremo.

A Checco Zalone manca una definitiva punch line, una chiusura in cui toglie la maschera e affronta a viso aperto quegli applausi inconsapevoli. Senza, resta un via libera, una facile giustificazione che non può trovare più spazio in una società sempre più divisa tra sentiment popolare e politico (e l’affossamento del Ddl Zan e conseguenti manifestazioni ne sono un esempi). Perché Sanremo è Sanremo, ma l’italiano medio forse non è più quello perculato da Zalone. O almeno si spera.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure