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LGBTQI+: come nasce la sigla che vuole unire le comunità non eterosessuali e non cisgender

Pubblicato: 08/02/2022 12:09

Oggi il termine LGBT (e le sue varianti LGBTIQ+ e LGBTQ) è noto a livello planetario ed è utilizzato per definire una comunità che, in realtà, racchiude molteplici realtà che hanno il denominatore comune di non avere un’identità eterosessuale e/o cisgender (ovvero che si riconosce, come identità di genere, nel suo sesso biologico).

In realtà il termine (o sarebbe meglio dire i termini) con cui questa comunità identifica se stessa nasce da una dura lotta sia all’interno della realtà comunitaria che con il mondo esterno ad essa: è una lotta che nasce negli anni ’70-’80 nella realtà anglosassone, quando le persone non eterosessuali e non cisgender cominciarono a pretendere di essere riconosciute -e rispettate- all’interno della società in cui vivevano.

Comunità LGBT: origine e contrasti negli anni ’80

All’inizio si parlava per dispregiativi: gli omosessuali erano definiti “sodomiti” e, spesso, lo stesso termine “gay” era utilizzato con una volontà dispregiativa. È negli anni ottanta che comincia a prendere piede il termine LGBT (che a sua volta deriva dall’acronimo LGB) e, con esso, gli scontri all’interno della comunità che portava tale nome. Negli anni ’80 infatti ogni comunità (lesbica, gay, transgender e bisessuale) voleva definire la propria identità decidendo quanto e se si sentisse vicina o in tensione con le altre e non sempre il fatto che uno stesso acronimo le portasse ad essere forzatamente unite veniva accolto pacificamente e senza dissensi.

Nonostante scontri e dibattiti il termine LGBT non solo è sopravvissuto al passare del tempo, ma è divenuto universalmente noto e sempre maggiore è stato il senso di identificazione delle comunità che rappresenta -benché permangano alcune tensioni tra di esse. Alle prime 4 si sono aggiunte altre lettere, rappresentative di comunità che via via sono state incluse, in quanto anche i loro componenti non si riconoscevano come eterosessuali e cisgender. Tra queste la Q, che sta per “queer” o “questioning”, La I di “intersessuale” ed il segno +, che include tutte le persone che non si identificano in nessuna delle comunità nominate ma non si percepiscono neanche come eterosessuali cisgender.

Comunità queer: il rifiuto del pensiero tradizionale

La comunità queer, in particolare, porta avanti un’ideologia che rifiuta l’idea che un individuo possa essere classificato solo in base alla sua identità di genere e l’orientamento sessuale, così come sono intesi nel pensiero tradizionale. Anche il termine quel nasce con un intento dispregiativo -la sua traduzione letterale è infatti “eccentrico”.

Il dibattito: includere o no le altre lettere?

L’aspetto interessante riguardante il proposito di includere lettere rappresentative di altre comunità non eterosessuali e/o non cisgender è che inclusività e contrasto, con il passare degli anni, sembrano andare di pari passo: mentre infatti si ha una forte tendenza a voler includere altre comunità -come quella intersessuale o pansessuale- non cessa il dibattito interno che si pone un dubbio in merito alla comprensione dell’acronimo (la sigla, man mano che si aggiungono lettere, diventa sempre più difficile da utilizzare nel linguaggio comune).