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17 marzo 1861 Unità d’Italia: i valori e le idee che hanno dato la vita al nostro Paese ancora oggi unito

Pubblicato: 17/03/2022 08:42

Sulla carta d’identità di ciascun individuo sono segnate informazioni essenziali che identificano la persona che la possiede: il nome, la data di nascita e il luogo. Se estendiamo questo concetto ad un elemento più vasto come ad esempio una nazione come l’Italia, la risposta è semplice: 17 marzo 1861, Torino, camera dei deputati del Parlamento subalpino

Il 17 marzo è una data fondativa per l’Italia come la conosciamo e, ancora oggi è giusto, nonché importante, ricordarla, anche se l’attuale assetto del Paese si raggiunge in step successivi (quali il 1866, con l’annessione del Veneto, il 1870 con la breccia di Porta Pia e la caduta dello Stato Pontificio e la Prima Guerra mondiale, quando vengono annesse i territori di Trento e Bolzano). 

L’Italia unita sotto una sola bandiera, un solo inno, una sola identità, non è arrivata con un giorno o una legge ma a seguito di un lungo percorso fatto di ideali, lotte politiche, campagne militari, accordi segreti e, soprattutto, i plebisciti, ovvero una votazione. 

Il voto ha un ruolo centrale in questo percorso in quanto massima espressione di volontà e unione popolare che è anima pulsante del concetto di Nazione. Lo stesso che il 2 giugno 1946 ha sancito la fine del Regno d’Italia e la nascita della Repubblica, segnando un altro punto di svolta fondamentale per la storia del nostro Paese.

L’importanza di essere un popolo solo e unito

Perché ricordare l’Unità d’Italia ancora oggi, 161 anni dopo? È questa la domanda da porsi, soprattutto perché celebrare una ricorrenza che sotto il Regno d’Italia non è mai stata festeggiata (c’erano altre feste laiche, ad esempio c’era la festa dello Statuto, sancita dopo il 1861, e la festa dedicata al re) e che dal 2012, con la legge n, 222 del 23 novembre 2012 è diventata la Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera, una giornata di festa ideata per promuovere i valori legati all’identità nazionale. 

Celebrare questi valori è come celebrare le proprie origini, il coraggio di quei “padri fondatori” che con spirito di patriottico sacrificio hanno lottato anni per arrivare all’obbiettivo di un’unica terra e un unico popolo.

Gli elementi e i valori che hanno fatto l’Italia

Uno degli errori che spesso si commette quando si ripercorrono le fasi che hanno portato alla proclamazione del Regno d’Italia è il soffermarsi più sui fatti che sulle idee. L’800 ma più propriamente il Risorgimento, è un periodo storico che non è altri che una fucina di idee, è quel momento di passaggio fondamentale per la storia dell’uomo, anzi dove questa trova la spinta propulsiva che lo ha catapultato nel futuro. 

Non bisogna sforzarsi troppo per cogliere questi valori, l’800 è il secolo nel quale si concretizzano ad esempio le idee di Nazione e di Patria. La prima che definisce una grande comunità omogenea che sta alla base della legittimità delle istituzioni, a cominciare dallo Stato, che doveva comprendere tutti coloro che appartenevano ad una stessa comunità nazionale; a tal proposito, è in questa fase che nasce la necessità di identificare confini geografici più definiti.

Mentre il concetto di Patria invece, più elevato e puro, quasi che questa fosse un essere senziente della quale avere la massima cura e alla quale essere totalmente devoti. Il concetto di patria e quello di amore per la patria si trasformano sempre più in un culto dalle connotazioni religiose, ma laico; con i suoi dogmi, i suoi martiri e il suo credo. Si viveva, si lottava e si moriva per la patria.

Unirsi non sotto un re ma sotto lo Statuto

Oltre ai concetti astratti, c’è un elemento che più di tutti ha permesso a quegli uomini di “Fare l’Italia”: lo Statuto. Forse questo più di tutti è stata la forza propulsiva che ha spinto molti degli Stati dell’Italia pre-unitaria a chiedere l’annessione al Regno di Sardegna tramite i plebisciti.

Nel Regno di Sardegna vigeva lo Statuto Albertino dal 1848, un documento importante che, seppur “antiquato” perché basato sulla costituzione francese del 1830, dava un senso di sicurezza in termini di diritti ai cittadini. Con la svolta liberale che si è impressa successivamente, quel documento si è poi evoluto portando, ad esempio, al diritto di eguaglianza sul fronte dei diritti civili e politici come l’inviolabilità del domicilio, la libertà di riunione, di stampa  e persino religiosa in quanto, seppur per gradi, venivano riconosciute oltre a quella primaria, la religione Cattolica Apostolica e Romana, anche il culto dei Valdesi, la religione ebraica, con il riconoscimento dei loro diritti civili e politici.

L’Unità d’Italia come coronamento del sogno risorgimentale

Che cos’è stato dunque il percorso dell’Unità d’Italia se non il “coronamento del sogno risorgimentale” che “ha suggellato l’identità di Nazione, che trae origine dalla nostra storia più antica e dalla nostra cultura. Le generazioni che ci hanno preceduto, superando insieme i momenti più difficili, ci hanno donato un Paese libero, prospero e unito” Come ha detto il Presidente Mattarella nel suo discorso in occasione del 160esimo anniversario della ricorrenza. 

Ancora oggi, “ci stringiamo a corte”, cantiamo fieri quell’inno nazionale che non era destinato ad esserlo ma che racchiude la nostra storia. Un inno scritto proprio quando il sogno di un’Italia unita era solo quello, qualcosa di così astratto che solo nella sfera onirica era possibile immaginarlo. 

Ed è per questo che dobbiamo ricordarlo, perché è il momento in cui la moltitudine ha smesso i panni dell’individualismo scegliendo l’uno, accettando quel patto di fiducia che portava con sé il futuro che si racchiude in una frase, spesso erroneamente attribuita a Cavour ma pronunciata da Massimo D’Azeglio: “Abbiamo fatto l’Italia ora dobbiamo fare gli italiani”. 

Ancora oggi le nostre radici, sono lì racchiuse nella lotta di quelle donne e quegli uomini che hanno fatto la storia del Risorgimento italiano e hanno contribuito a questo evento. In un giorno come quello del 17 marzo leggete di Mazzini, di Olimpia Savio e del suo salotto rinomatissimo, oltre al sacrificio dei suoi figli, di Cristina Trivulzio di Belgiojoso, di Garibaldi, di Cavour, di Rosalie de Montmasson, garibaldina e unica donna nella spedizione dei Mille, di Anita Garibaldi, di Giulia di Barolo e delle sue opere pie, di Costanza d’Azeglio, dei fratelli Lamarmora, di Virginia Oldoini Verasis Asinari, ricordata con il suo titolo nobiliare, la contessa di Castiglione, che ha avuto un ruolo cruciale nel gioco di alleanze con la Francia di Napoelone III. Nomi, tanti ma non tutti, donne e uomini che hanno lottato per permettere a noi oggi di poterci definire italiani.