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Il manager Antonio Di Fazio accusato di stupro è stato condannato: la sentenza decisa per l’imprenditore

Pubblicato: 08/04/2022 12:06

Antonio Di Fazio è stato condannato a 15 anni e 6 mesi per violenze sessuali. Le pene sono tre per diversi capi di imputazione che sommati fanno una condanna che supera gli anni chiesti dall’accusa. L’imprenditore farmaceutico Di Fazio era stato arrestato dai carabinieri nel maggio dello scorso anno con l’accusa di aver narcotizzato, violentato e fotografato una studentessa 21enne attirata nel suo appartamento. Oltre a questo, al processo con rito abbreviato, c’erano anche altre accuse per casi di abusi, sempre con uso di dosi di benzodiazepine, nei confronti di altre 5 donne, tra cui l’ex moglie, ricorda Ansa.

Condanna per il manager Antonio Di Fazio

La condanna per Di Fazio è stata decisa e comunicata qualche minuto fa dal gup di Milano Anna Magelli a seguito dell’inchiesta dell’aggiunto Letizia Mannella e della pm Alessia Menegazzo. Quella a 15 anni e 6 mesi di reclusione è una condanna maggiore di quella chiesta dall’accusa, ed è successo perché il gup non ha riconosciuto la continuazione dei reati, ma ha invece emesso una condanna per gli episodi contro la ex moglie, una per la violenza della studentessa di 21 anni e un’altra condanna per gli altri episodi di stupro, riporta AdnKronos. L’imprenditore Di Fazio si trova da febbraio in una struttura psichiatrica ai domiciliari.

Oltre alla condanna, sono anche stati decisi i risarcimenti dovuti. Si tratta di 98mila euro per la studentessa e 14mila, invece, per altre parti civili. Bisognerà invece attendere altri 90 giorni per poter leggere le motivazioni della sentenza, quando quindi saranno rese note.

Antonio Di Fazio e il trasferimento in comunità: la decisione del Gip

A febbraio Di Fazio si trovava a San Vittore, quando il Gip Anna Magelli aveva però deciso di concedere all’imprenditore la possibilità di trasferirsi nella comunità Crest allo scopo di sottoporsi a una terapia. Ecco perché il manager non si trova al momento in carcere ma affidato a una struttura. Il procuratore facente funzione di Milano, Riccardo Targetti, aveva spiegato che “su istanza dei difensori e con il parere favorevole della procura, ha solo ordinato il trasferimento dell’imputato in una comunità protetta ad alta intensità di protezione, ove rimarrà in stato di detenzione con braccialetto elettronico e pertanto nella pratica impossibilità di muoversi e di comunicare con persone diverse dai difensori e dai familiari”.