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Stefano Cucchi, Cassazione deposita le motivazioni della sentenza: “Pestaggio causa primigenia” della morte

Pubblicato: 09/05/2022 17:20

Dopo la condanna definitiva per i due carabinieri, accusati del pestaggio che uccise Stefano Cucchi, ora sono arrivate le motivazioni della sentenza emessa dalla Cassazione in data 4 aprile.

Caso Stefano Cucchi, la Cassazione ha depositato le motivazioni: pestaggio “causa primigenia

È passato poco più di un mese da quel 4 aprile in cui la Cassazione ha condannato in via definitiva a 12 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. I due uomini sono stati indicati come responsabili del pestaggio subito da Stefano Cucchi in quella terribile notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, nella caserma della compagnia Casilina. Come si legge nelle motivazioni appena depositate, la Cassazione ha indicato quel pestaggio come “causa primigenia” di alcuni “fattori sopravvenuti” in relazione alla morte del giovane geometra. In particolare, si indicano le “negligenti omissioni dei sanitari e il progressivo indebolimento dell’organismo di Cucchi determinato dalla prolungata carenza di alimentazione e di idratazione” che hanno infine condotto al decesso.

Che cosa ha stabilito la Cassazione sul brutale pestaggio di Stefano Cucchi

La Cassazione ha inoltre affrontato la “questione della prevedibilità dell’evento”, dapprima delle lesioni provocate e infine della morte, che è “certamente fuori discussione, date le modalità con le quali gli imputati hanno percosso la vittima, con colpi violenti al volto e in zona sacrale, ossia in modo idoneo a generare lesioni interne che chiunque è in grado di rappresentarsi come prevedibile conseguenza di tale azione”. In relazione al “comportamento ostruzionistico tenuto da Cucchi per sottrarsi al fotosegnalamento”, la Cassazione sottolinea che quel comportamento iniziale “si era già esaurito al momento della violenta aggressione fisica portata ai suoi danni, tanto che già si stavano predisponendo a lasciare la sala Spis dopo aver comunicato telefonicamente con il loro comandante e aver ricevuto l’ordine di soprassedere all’adempimento”. A questo punto, il brutale pestaggio ai danni di Stefano Cucchi non è “più riconducibile nemmeno astrattamente all’ipotetica intenzione di vincere una sua resistenza”.

Gli ultimi sviluppi del caso di Stefano Cucchi: le condanne

La Cassazione conferma anche l’aggravante di “motivo futile”, perché individua una netta sproporzione tra l’azione di pestaggio degli agenti coinvolti e la gravità del reato commesso, “assolutamente insufficiente a provocare l’azione criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento”.

Dopo la condanna di Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, che si erano consegnati in carcere poco dopo la sentenza emessa il mese scorso, ora si attende il giudizio di secondo grado per Roberto Mandolini, inizialmente condannato a 4 anni di reclusione, e per Francesco Tedesco, condannato a 2 anni e mezzo.