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Alberto Scagni condannato a 24 anni e sei mesi: aveva ucciso la sorella sotto casa

Pubblicato: 29/09/2023 14:20

Alberto Scagni è stato condannato a 24 anni e sei mesi di reclusione. L’uomo, il primo maggio del 2022, aveva ucciso la sorella Alice, con 24 coltellate.

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Seminfermità mentale

La corte d’assise, presieduta dal giudice Massimo Cusatti, lo ha ritenuto semi infermo di mente. Il perito del giudice delle indagini preliminari, Elvezio Pirfo e i suoi avvocati Alberto Caselli Lapeschi e Mirko Bettoli hanno sposato la causa riuscendo ad evitare la condanna all’ergastolo chiesta dal pubblico ministero Paola Crispo. Scagni era accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dalla parentela.

Il movente

Alberto Scagni ha ucciso Alice dopo averla attesa per ore sotto casa. Da mesi aveva frequenti litigi con i parenti per le richieste sempre più assidue di denaro. In poche settimane aveva speso il fondo pensione, di 15 mila euro, che gli era stato accantonato dai genitori e aveva iniziato a perseguitare la nonna e i vicini di casa. Durante il dibattimento, salito sul banco degli imputati, non ha speso parole in sua difesa o sull’omicidio, bensì ha farneticato circa la presunta pedofilia di un suo conoscente. Circostanza che sembra avvalorare la tesi di un vizio parziale di mente.

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La reazione della famiglia

Presenti in aula anche Antonella Zarri e Graziano Scagni, i genitori di assassino e vittima, che a margine hanno commentato le ultime deposizioni: “Ci hanno accusato di aver cresciuto un assassino, la sentenza è stata scritta già il 4 maggio, quando siamo stati sentiti per la prima volta a pochi giorni dalla morte di Alice”. La coppia rappresentata dall’avvocato Fabio Anselmo, ha da sempre sostenuto il figlio non sia propriamente in grado di intendere e volere: “È fuori di testa, uno che si siede lì e deve fare qualche dichiarazione e comincia con quei discorsi sui pedofili che ha sempre detto, è fuori dal piano della realtà. Solo che c’è qualcuno che non lo vuole sentire. È tutta una ipocrisia concordata per evitare un grosso lavoro sulle responsabilità, sulle quali noi abbiamo fatto opposizione”.

Nel frattempo i due, sono impegnati in un’altra battaglia. La coppia aveva denunciato in precedenza, la dottoressa del centro di Salute mentale della Asl3 e gli agenti della centrale operativa che il primo maggio ricevettero le telefonate del padre del ragazzo ma non mandarono le volanti. Il procedimento è stato già archiviato dalla Procura.

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