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Il bivio di Giorgia: macroniana o salviniana?

Pubblicato: 29/09/2023 18:03

Contare di più in Europa per rafforzare il proprio governo in Italia. Mettendo a tacere tanto le opposizioni quanto quella parte della maggioranza che punta a sottrarle voti e potere. Per affrancarsi poi come uno dei capisaldi della politica di Bruxelles dei prossimi anni. Anche a costo di stravolgere i pilastri delle alleanze – nazionali e non solo – del centrodestra.
E’ questo il pensiero che accompagna la presidente del consiglio Giorgia Meloni in queste ore, impegnata a Malta per il vertice delle nazioni del Mediterraneo e con l’agenda di governo aperta perennemente alla voce immigrazione.

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La scelta di Meloni in vista delle Europee e l’incontro con Macron

È un pensiero, quello della premier italiana, che ha iniziato a prendere forma e contorni dopo il colloquio di martedì scorso a Palazzo Chigi con il presidente francese Emmanuel Macron, a Roma per il funerale laico di Giorgio Napolitano.
Già, i contorni di uno scenario nuovo e allettante: sono questi a lubrificare gli ingranaggi della strategia politica che potrebbe dettare il passo di Meloni fino alle elezioni europee di giugno 2024. Quali? Sfruttare il proprio peso in termini di voti e consensi all’appuntamento elettorale; entrare con “pari dignità” nella cabina di regia della Ue, finora delineata lungo l’asse franco-tedesco; ergersi a interlocutore privilegiato con i Paesi dell’Unione meno in sintonia con il parlamento continentale (vedi Polonia e Ungheria, ma non solo).

Per non dimenticare quello che può rappresentare l’interlocuzione ravvicinata, solo in parte politica ma obiettivamente influente, con il Vaticano nei temi delle scelte europee.
Per dirla male ma più netta, così l’Italia di Giorgia si ritroverebbe al tavolo che conta per decidere degli equilibri della nuova Europa. Equilibri che affronteranno temi molto, ma molto cari per la sussistenza del governo a guida Meloni: piano per l’immigrazione, riforma del Patto di stabilità, accordo (a proprio vantaggio) per il via libera al fondo salva-stati (il Mes), percorsi più rapidi per l’erogazione dei finanziamenti per il Pnrr.

Sono questi i punti su cui avrebbe toccato l’apice il colloquio di martedì scorso a Roma tra i due leader Meloni e Macron con un refresh previsto per oggi a La Valletta. Quest’ultimo, informatissimo sugli affondi (elettorali, ci si affanna a definirli) del leader della Lega a danno della premier, non ha voluto non cogliere l’assist: “Perché non schierarsi, con un inedito patto, per appoggiare la rielezione di Ursula von der Leyen alla guida dell’Unione?”. Diretto e concreto, il presidente francese avrebbe poi sottolineato come il restare al fianco di Matteo Salvini e Marine Le Pen sul fronte anti “maggioranza Ursula” non porterebbe a molto. Al centrodestra in sede europea mancherebbero i numeri per arrivare alla maggioranza.

Un bel dilemma, quello posto da Macron alla rivale, preceduto da dichiarazioni partite da Parigi non certo ostili per il fronte caldo dell’immigrazione: “Sugli sbarchi l’Italia non può essere lasciata sola”. Mettendo in conto anche i due appuntamenti “clou” della Meloni apparecchiati sullo stesso fronte – incontro a Tunisi con il presidente Kais Saied per franare le partenze; visita a Lampedusa dopo il record di arrivi sull’isola – ai quali è arrivata al suo fianco proprio la von der Leyen, lo scenario diventa più di una suggestione. A patto che venga dato credito illimitato al presidente francese, contro chi metterebbe in guardia Meloni su di una possibile trappola del collega-rivale.

Certo è che sul piatto della bilancia, di fronte a una scelta quasi vitale, Meloni si ritrova a mettere più di un contrappeso. Uno su tutti: si tratterebbe appunto di spostare gli assi della sua politica interna ed estera partendo dal presupposto che un patto tra Conservatori e Popolari non avrebbe futuro politico. Ma singole intese con Paesi che potrebbero sostenere il bis della presidente della Commissione sono ipotizzabili. Concretamente: anche i circa 30 seggi che Meloni è convinta di occupare a Strasburgo dopo il voto del 2024 potrebbero portare linfa vitale alla riconferma della leader tedesca.

Ad accrescere i tormenti meloniani, di questi tempi non pochi, rimane sul campo l’offensiva da destra schierata dal vice premier Salvini, con i leghisti che un giorno sì e l’altro pure da tempo invadono i canali dell’informazione con dichiarazioni – anzi, slogan – di sicuro effetto elettorale in salsa anti-europea e contro l’immigrazione di ogni tipo. Quasi a riconfermare le dosi di autentico sovranismo presenti nel governo italiano, che la vocazione europea e internazionale della prima ministra vorrebbe contenere. Anche grazie a questa possibile sponda offerta da Parigi, che attraverso una “amicizia” con la Meloni smonterebbe qualche bullone al carro della rivale in patria Marine Le Pen.

Resta essenziale sottolineare che un’alternativa all’offensiva leghista sul campo interno, per Meloni, sarebbe quella delle elezioni anticipate piuttosto che assistere giorno dopo giorno ad attacchi più di lotta che di governo, così da perdere consensi. Perché non cercare una maggioranza diversa anche in Italia, allora? Anche se il precedente Salvini-Papeete non sembrerebbe foriero di buona riuscita.

Ultimo Aggiornamento: 29/09/2023 18:12