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Addio a Giovanni Chiaramonte, fotografo “metafisico”

Pubblicato: 19/10/2023 15:26

Il mondo della fotografia ha perso un luminare, Giovanni Chiaramonte. La notizia della sua scomparsa all’età di 75 anni è giunta improvvisamente mentre si inaugurava la mostra “Fotografia alla carriera. Omaggio della fotografia italiana ai maestri del Compasso d’Oro” all’Adi Design Museum di Milano, curata personalmente da lui. Nato nel 1948 a Varese da genitori di Gela, Chiaramonte ha iniziato a cimentarsi con la fotografia negli anni ’60, ma è dagli anni ’80 che il suo nome ha brillato come uno dei principali autori italiani, contribuendo in modo significativo a “Viaggio in Italia”.
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Giovanni Chiaramonte, “Jerusalem”, 1989 – Giovanni Chiaramonte, dal volume “Realismo infinito”, 2022

Ha scattato in giro per tutto il mondo

La sua carriera è stata caratterizzata da una serie di libri e mostre, spesso legati a luoghi e contesti come la Sicilia, gli Stati Uniti, Gerusalemme e i volti delle città. La sua firma fotografica era riconoscibile non solo per l’uso del colore, ma anche per una luce gialla, calda e avvolgente. La sua biografia riflette una profonda influenza della tradizione teologica ed estetica di pensatori come Von Balthasar e della Chiesa d’Oriente, incontrati con Evdokimov, Clément e Tarkovskij. Il fulcro della sua fotografia era il destino della civiltà occidentale, un’idea teologica forse unica nel panorama internazionale.

Giovanni Chiaramonte, Segesta, 1998

Tutti lo ricordano

Il gesuita Andrea Dall’Asta, direttore a Milano del Museo San Fedele, ha sottolineato che Chiaramonte aveva una visione teologica della fotografia, in cui etica, estetica e teologia si fondevano. La luce, per lui, rappresentava una forma di misericordia attraverso cui ogni aspetto della vita, compresi i drammi, veniva consegnato all’eterno. La fotografia era il suo mezzo per percepire il mondo attraverso gli occhi della fede.

Il fotografo Corrado Benigni ha affermato che la fotografia di Chiaramonte si muoveva tra il realismo e l’infinito. Da un lato, catturava la vita quotidiana e umana, dall’altro esplorava orizzonti metafisici, dando vita al suo credo religioso come interpretazione della realtà. Le sue immagini non erano consolatorie, ma piuttosto complesse e tragiche, rappresentando una conquista più che una cattura. Era un pensatore della fotografia, seguendo le orme di maestri come Luigi Ghirri che hanno rivoluzionato la fotografia italiana negli anni ’70 e ’80, esplorando il colore e il paesaggio ai margini.

La fotografia di Chiaramonte era alimentata da una cultura eclettica, con una particolare predilezione per la poesia, come ricorda Roberto Mussapi. Aveva una visione degli Stati Uniti che evocava Walt Whitman, ma al contempo moderna e legata al cinema. Questa concezione di un’America luminosa e moderna rifletteva il suo amore per la creazione.

Milano, 1999 Giovanni Chiaramonte

La sua passione per l’insegnamento era altrettanto evidente, secondo il fotografo Maurizio Montagna. La sua conoscenza della storia, della letteratura e della filosofia si traduceva in simboli nelle sue immagini. Riusciva a trasmettere contenuti complessi attraverso una narrazione teatrale, trasformando il processo tecnico in un percorso filosofico. Aveva un dono speciale nel catturare la forza e il significato di un’immagine, indipendentemente dal suo autore.

Chiaramonte aveva anche una produzione teoretica significativa, i cui testi sono stati raccolti da Silvano Petrosino in “Piccola metafisica della luce”. Questi testi riflettevano la sua riflessione sulla capacità della macchina fotografica di mettere a fuoco l’infinito. La sua opera era una testimonianza di come l’infinito emergesse dal finito, soprattutto attraverso la luce con cui fotografava il mare, le case e i volti.

Questo approccio, tuttavia, non è stato privo di sfide, poiché alcuni contestavano il suo eccesso di spiritualità, mentre altri cercavano qualcosa di più straordinario. Ma per Chiaramonte, l’unico modo per aprirsi al cielo in modo autentico era rimanere fedeli alla terra, e la sua fedeltà alla fotografia era uno strumento per farlo.

La fotografia italiana e il mondo dell’arte perdono un maestro che ha illuminato il nostro mondo con la sua visione teologica e filosofica della fotografia. La sua eredità continuerà a risplendere attraverso le sue opere e l’influenza duratura che ha avuto su generazioni di fotografi e pensatori dell’immagine.
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