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Lilli Gruber rilancia le accuse contro Giorgia Meloni: “Pericolosa, poco abituata alla democrazia”

Pubblicato: 21/11/2023 09:27
cultura patriarcale Meloni Gruber

Giorgia Meloni attacca Lilli Gruber che non perde tempo a risponderle per le rime. La conduttrice di Otto e mezzo aveva definito la premier come “un’espressione della cultura patriarcale”. La Meloni replica a muso duro sui social: “Non so come facciano certe persone a trovare il coraggio di strumentalizzare anche le tragedie più orribili pur di attaccare il governo. Ora la nuova bizzarra tesi sostenuta da Lilli Gruber nella sua trasmissione di ieri sera è che io sarei espressione di una cultura patriarcale. Come chiaramente si evince da questa foto che ritrae ben quattro generazioni di ‘cultura patriarcale’ della mia famiglia. Davvero senza parole”. Nella foto, oltre alla Meloni, ci sono sua figlia Ginevra, sua madre Anna Paratore e sua nonna Maria, alla quale aveva dedicato un post su Instagram all’epoca della festa dei nonni.
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Tempo pochi minuti e la Gruber risponde così alla premier: “Ringrazio Giorgia Meloni per l’attacco che considero una prima dimostrazione della sua volontà di aprire un dialogo costruttivo con la stampa, un esercizio di democrazia al quale lei è poco abituata. Le porte di Otto e mezzo sono sempre aperte. Ritengo comunque che sia sempre pericoloso, per il buon funzionamento democratico, quando un/una presidente del Consiglio attacca direttamente la stampa e singoli giornalisti. Per fortuna, il diritto al pensiero libero e critico è ancora ben tutelato dalla nostra Costituzione”.
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Lo scontro tra Gruber e Meloni: cos’è la cultura patriarcale

La violenza contro le donne è una piaga che attraversa culture, confini e classi sociali, e il femminicidio è la sua espressione più tragica e irreparabile. Questi atti di violenza letale non sono incidenti isolati, ma l’apice di una lunga storia di oppressione e discriminazione radicata nelle strutture patriarcali della società. Il femminicidio è un termine che va oltre l’omicidio di una donna. È un omicidio in cui la vittima è stata scelta proprio perché donna, spesso seguito da violenze precedenti, ignorate o sottovalutate. È il frutto avvelenato di una cultura che, in molte forme, continua a vedere la donna come un oggetto, un possesso, un essere di minor valore rispetto all’uomo.


Per combattere questo fenomeno, non basta punire il singolo atto di violenza. La sfida è culturale e richiede un cambiamento profondo nel modo in cui la società percepisce e tratta le donne. L’istruzione gioca un ruolo cruciale: attraverso di essa possiamo insegnare il rispetto per l’uguaglianza di genere fin dalla tenera età, smantellando gli stereotipi dannosi che vedono le donne come soggetti passivi o subordinati.


Le istituzioni hanno il dovere di intervenire, non solo con leggi e pene severe per i colpevoli, ma anche con supporto alle vittime e politiche preventive. Campagne di sensibilizzazione devono essere parte integrante della vita pubblica, incoraggiando le vittime a parlare e la società ad ascoltare. Bisogna creare reti di sostegno che permettano alle donne di uscire dalle situazioni di pericolo senza sentirsi sole.


Ma il cambiamento deve avvenire anche a livello personale, nei piccoli gesti quotidiani, nelle parole, nelle scelte. Ogni individuo ha il potere e la responsabilità di rifiutare e contrastare le dinamiche patriarcali, contribuendo così a costruire una società in cui il femminicidio diventi un triste ricordo di un passato superato. In questo sforzo, la solidarietà è fondamentale. Donne e uomini devono unirsi in questa lotta, riconoscendo che la libertà e la sicurezza delle donne sono indispensabili per il benessere di tutta la società. Solo così potremo sperare di vivere in un mondo dove la violenza di genere è un’eccezione intollerabile, non una realtà quotidiana.

Ultimo Aggiornamento: 21/11/2023 15:13