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Elezioni regionali, perché nel centro destra è tutti contro tutti

Pubblicato: 22/11/2023 11:29

Una lotta a due tra Fratelli d’Italia e Lega, con Forza Italia che rischia di pagarne le spese. Elezioni: nel 2024 gli italiani andranno (astensione galoppante a parte) alle urne non solo per l’appuntamento clou, quello delle Europee di giugno. Ma si voterà anche per rinnovare le amministrazioni di cinque Regioni: sono Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria. Con un unico comun denominatore: sono tutte guidate oggi dal centrodestra. Elemento che vede in pieno scontro i partiti oggi al governo nazionale.

Che la partita sia di quelle toste lo si è capito subito. Nel continuo scambio di messaggi tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini, già su due fronti differenti rispetto alla scelta della coalizione per “rifondare” il governo della Ue, il leghista ha mosso l’alfiere: il vicesegretario Andrea Crippa, uno che quando c’è da dirne due agli alleati non si tira indietro, ha ricordato che esiste un accordo per <ricandidare tutti i governatori uscenti del centrodestra>. Mossa, questa di Crippa, che arriva dopo il veto di FdI alle conferme di Solinas – sostenuto dal Carroccio – per la Sardegna, e di Bardi – che è di FI – per la Basilicata. Passo indietro: a rimescolare le carte, innescando lo scontro, è stata la scelta per il vicepresidente della Provincia autonoma di Trento: qui Fratelli d’Italia è uscita dalla giunta dopo che il presidente leghista Maurizio Fugatti ha bocciato come sua vice la meloniana Francesca Gerosa e scelto il primo eletto della sua lista civica. Al voto di ottobre in Trentino, con il 12,35% FdI si è posizionato terzo, dietro il PD (16,64%) e la Lega (13,05%), con il centrodestra ha vinto con quasi il 52% delle preferenze.

Ovvio che il campo di gioco si sia spostato da Trento a Roma. All’affondo di Crippa ha risposto sibillino Fabio Rampelli per FdI: “Bisogna guardare ai risultati ottenuti dalle giunte uscenti: laddove si è fatto bene si valuta la possibile conferma; laddove c’è qualche motivo di delusione, si valutano eventuali cambiamenti”. Per portarsi poi più avanti nella contesa: valutare le giunte in scadenza “è un compito ineludibile dei partiti, perché se dovesse valere un’altra regola non so quale potrebbe essere. Visto che Fratelli d’Italia ha soltanto la regione Abruzzo in questa tornata elettorale, ed è il primo partito della coalizione”, ha rilevato Rampelli. Ragionamento che si aggancia a quello ripetuto da mesi dai meloniani: “Guidiamo Lazio, Marche e Abruzzo, mentre Lega e Forza Italia si spartiscono ben undici Regioni”.
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Il centrodestra si spacca, ora si combatte per vincere

Insomma, altro che fingere di andare d’amore e d’accordo. Ma cosa – e chi – è in ballo? Il centrodestra in vista delle regionali 2024 – Abruzzo, Basilicata e Sardegna andranno al voto a marzo, il Piemonte a giugno, l’Umbria a ottobre – ritiene di poter giocare da solo. Sull’onda del successo alle politiche 2022, e con le opposizioni che faticheranno assai per presentare candidature con forte appeal (soprattutto per eventuali ballottaggi), scommette tutto sul 5-0. Allo stato attuale, in Sardegna la Lega vuole riconfermare Christian Solinas, mentre FdI vorrebbe candidare il “suo” sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu. Come evitare uno scontro dannoso? Una strada percorribile è quella di candidare Solinas alle Europee accordando la presidenza della Basilicata, oggi di Vito Bardi, alla Lega. Un pugno in faccia a Forza Italia, che difende il suo presidente. Ma tra Meloni e Salvini in lotta quale peso specifico avranno gli Azzurri? Dilemma non da poco per Antonio Tajani, che rischia di uscire indebolito alla vigilia delle Europee (anche qui si vota con il sistema proporzionale).

Detto dei due fronti aperti, su Piemonte e Umbria al momento non si registrano attriti tra alleati. Gli uscenti Alberto Cirio (Forza Italia) e Donatella Tesei (Lega) saranno di nuovo in corsa. Mentre per l’Abruzzo Meloni gioca facile, blindando la ricandidatura dell’uscente Marco Marsilio. Ma la strategia di FdI, che vuole governare quante più regioni possibili essendo la prima forza del centrodestra al Governo, è chiara. In linea con il no del partito alla modifica della legge sul terzo mandato dei governatori: mossa tattica per stoppare la ricandidatura di Luca Zaia in Veneto e di Giovanni Toti in Liguria nella tornata per le regionali 2025. Il concetto è semplice, nella sua esposizione e comprensione, tanto quanto lo è – per chi lo dovrebbe accettare – il suo rovescio: per i meloniani, dopo le elezioni politiche è cambiato quasi tutto rispetto a quando si votò per le stesse regioni nel 2019. “Oggi quelli della Lega non hanno ancora capito che il 30% della coalizione ce l’ha Fratelli d’Italia, non più il Carroccio”, è il messaggio che si fa circolare.

La sindrome da elezioni fa vacillare la pace

La sindrome da elezioni ha già cominciato a far vacillare gli equilibri di una coalizione che – come tutti si affannano a ripetere – “è assolutamente compatta e coesa”. Almeno fin quando non si tratta di contendersi le carte del risiko peninsulare, mettendo da parte il simulacro di essere tutti in missione per il bene dell’Italia. Come rileva l’analisi proposta da Massimo Franco sul Corriere della Sera del 18 novembre scorso, in riferimento alle campagne elettorali (nel titolo figura significativamente il termine “istinti elettorali”) che i partiti della maggioranza stanno apparecchiando. Senza risparmiare alla Nazione scenari di prospettiva un tantino preoccupanti.

Rileva Franco: “È come se la cautela e il buonsenso mostrati nei mesi scorsi, assicurando al Paese un giudizio positivo dei mercati finanziari e delle istituzioni europee, di colpo dovessero cedere all’imperativo di un consenso facile”. E aggiunge che pare di assistere al ritorno in scena della “vecchia identità. Si tratta di un’identità che tende a identificare l’affermazione alle elezioni con una concezione del governo tale da non prevedere bilanciamenti né critiche, percepiti con fastidio”. Con il risultato, secondo Franco, che questo “approccio sembra fatto apposta per non consentire passi avanti né alla maggioranza, né ai suoi avversari. E, cosa più grave, l’Italia si ritrova bloccata in una contrapposizione che le fa perdere energie e strozza qualunque conato di dialogo”.

Ultimo Aggiornamento: 22/11/2023 11:31