
Quanti saranno gli anziani soli nel 2040? Quanto ci spaventa il clima impazzito? E quanti di noi temono una nuova crisi economica che causerà più povertà e più violenza diffusa? Le risposte a queste – e a molte altre – domande disegnano uno scenario a dir poco inquietante per la società italiana. Scenario dai contenuti emotivi sorprendenti, come tracciato nel rapporto annuale del Censis, il 57°, presentato oggi.
Va rimarcato subito che forse mai prima d’ora il periodico e corposo lavoro redatto dal Centro studi iniziative sociali, fondato nel 1964 da Gino Levi Martinoli e da Giuseppe De Rita (attuale segretario generale), era stato così impietoso nell’individuare le arretratezze del Paese. Nel report (disponibile su www.censis.it) balzano infatti agli occhi i dati relativi alle condizioni e alle prospettive dei più giovani, sintomatiche di cosa attende loro – e di conseguenza all’Italia – nei prossimi anni. A cominciare da quei 5,9 milioni connazionali hanno scelto di vivere fuori dall’Italia: il Censis ci dice che sono il 10,1% dei residenti e ben 1,6 mln in più (36,7%) negli ultimi 10 anni.
Italiani in fuga: sono più degli stranieri che accogliamo
Colpisce poi, oltre al fatto che gli italiani espatriano in misura maggiore degli stranieri che ci arrivano (questi ultimi sono 5 milioni), è che sono sempre di più i giovani a partire: nell’ultimo anno le iscrizioni per espatrio sono state 82.014, di cui il 44% (la quota più elevata tra le classi di età) tra i 18 e i 34 anni, per un totale di 36.125 giovani. Immediato il confronto con il rovescio della medaglia. Si prevede che il 10,3% degli anziani continuerà ad avere problemi di disabilità. E se oggi sono il 24,1% della popolazione, nel 2050 saranno 4,6 milioni in più: il 34,5% sul totale dei cittadini, ma con connotati diversi: saranno sempre più senza figli e più soli. Il che si innesterà in uno scenario che nel 2050, fra meno di trent’anni, avrà visto l’Italia perdere 4,5 milioni di residenti (come se Roma e Milano insieme scomparissero), per il risultato composto di una diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni e di un aumento di 4,6 milioni con 65 anni e oltre.
Rispetto agli interrogativi posti all’inizio di questo articolo, le risposte del Censis ci informano che l’84% degli italiani è impaurito dal clima impazzito; il 73,4% teme una crisi economica e sociale molto grave, con povertà diffusa e maggiore violenza. Aggiungendo che per il 73% la nazione non sarà in grado di gestire l’arrivo di milioni di persone in fuga dalle guerre o per il cambiamento climatico. Prospettive preoccupanti? E cosa dire allora del fatto che il 53% ha paura che il debito pubblico – va verso la cifra record di 3.000 miliardi di euro – provocherà il collasso finanziario dello Stato? Come rilevano gli studiosi del Censis, nelle pagine di analisi che accompagnmano le decine di tabelle sulle diverse voci, “alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti sembrano rimossi dall’agenda collettiva del Paese, o comunque sottovalutati. Benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema, l’insipienza di fronte ai cupi presagi si traduce in una colpevole irresolutezza”.
L’istituto di De Rita parla inoltre di una società italiana che “sembra affetta da un sonnambulismo diffuso, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali, di lungo periodo, dagli effetti potenzialmente funesti”. Come quello previsto dal 43,3% di italiani che pensano di poter restare senza energia sufficiente per tutti i bisogni. E ancora: “Il ritorno della guerra spettacolarizzata dai social media – dice il Censis – ha alimentato una paura ulteriore: la metà degli italiani teme che l’Italia non sarebbe in grado di difendersi militarmente nel caso di un attacco da parte di un Paese nemico”. Siamo intrappolati nel mercato dell’emotività: per l’80% degli italiani il Paese è in declino, per il 69% subisce più danni che benefici dalla globalizzazione.
In tutto questo non sorprende che gli italiani di oggi guardino specialmente al tempo “dei desideri minori: non più votati alla conquista dell’agiatezza e dei maggiori consumi, ma alla ricerca di uno spicchio di benessere quotidiano. Magari temporaneo e reversibile in un mondo ostile. Il consumo progressivo non è più la forza vitale che trascina gli italiani e li spinge a lavorare di più per generare più reddito da spendere”.
Diritti civili, sale la rivendicazione ma i cittadini si sentono insicuri
Mentre sale l’onda delle rivendicazioni dei diritti civili individuali e delle nuove famiglie (è favorevole all’eutanasia il 74% dei cittadini), l’analisi sulle tematiche della sicurezza percepita dagli italiani consegna una fotografia inquietante. Una manciata di indicatori: il 20,8% si sente insicuro nella zona in cui vive, arrivando al 35,2% tra chi vive in città con più di 500.000 abitanti. Poi il 33,6% di chi abita nelle città più grandi ritiene che negli ultimi 5 anni la propria zona sia diventata più pericolosa, contro il 17,2% di chi vive in città medio-piccole (al massimo 30.000 abitanti). Indicativo poi dello stato di salute, soprattutto quello percepito, della società italiana è quanto emerge dall’analisi del comparto dedicato all’occupazione. Con un mercato del lavoro “che non può fare a meno degli stranieri.
Nei prossimi tre anni – ci informa il rapporto 2023 – “saranno ammessi in Italia attraverso il Decreto flussi 452.000 cittadini stranieri, un numero decisamente più alto del passato”. Oggi i lavoratori stranieri sono 2.374.000, il 10,3% del totale degli occupati. Di questi 2.068.000 (l’87,1%) sono dipendenti. Tra i lavoratori dipendenti stranieri, il 22,5% (465.000) è occupato a tempo determinato e il 24,4% (579.000) ha un lavoro part time. Lo studio aggiunge che “gli stranieri non solo rappresentano una risorsa indispensabile per il nostro mercato del lavoro, ma sono anche un serbatoio di giovani necessari per cercare di ridare vitalità a un sistema demografico in forte crisi”.
Denatalità, numeri preoccupanti
Anche qui l’esame del fenomeno sulla (de)natalità galoppante ci informa che “gli stranieri residenti sono 5.050.000, l’8,6% della popolazione, in aumento del 9,5% rispetto a dieci anni fa (+400.000 nel decennio)”. Ma va sottolineato che “sono aumentati solo dello 0,4% nell’ultimo anno (circa 20.000 in più). Senza gli stranieri oggi l’Italia avrebbe poco meno di 54 milioni di abitanti”. Aggiungendo che se “il 45,6% degli stranieri residenti (circa 2,3 milioni) ha meno di 35 anni (il 20,8% è un minore e il 24,8% è tra 18 e 34 anni), tra gli italiani gli under 35 sono circa 17 milioni”. Gli italiani poi non fanno più figli, o quasi. Perché se “più della metà delle donne straniere residenti (il 55,6%) è in età feconda (età tra 15 e 49 anni), tra le italiane la percentuale scende al 37%. L’età media delle madri al parto è di 29,7 anni per le straniere e di 32,8 per le italiane”.
Servirà uno sforzo completo e articolato per metabolizzare, e di conseguenza ipotizzare, politiche attive e sociali per l’Italia, conseguenti alle prospettive negative elaborate dal Censis. Che pure lancia considerazioni connotate da forte scetticismo. “Dinanzi ai cupi presagi il dibattito pubblico ristagna, e la bonaccia di qualche indicatore congiunturale non è in grado di gonfiare le vele per prendere il largo. Il sonnambulismo come cifra delle reazioni collettive dinanzi ai presagi – è scritto nel rapporto – non è solo attribuibile alle classi dirigenti, ma è un fenomeno diffuso nella maggioranza silenziosa degli italiani resi più fragili dal disarmo identitario e politico”. Per mettere meglio a fuoco l’immagine, si evidenzia che “il 56% (il 61,4% di giovani) è convinto di contare poco nella società. Siamo feriti da un profondo senso di impotenza, se il 60,8% (il 65,3% tra i giovani) prova una grande insicurezza per i tanti, diversi, inattesi rischi; se sono delusi dal ciclo della globalizzazione, che per il 69,3% ha portato all’Italia più danni che benefici; e sono rassegnati a un destino nazionale in ridimensionamento, se l’80,1% è convinto che dalle passate emergenze ne è uscita una Italia in declino (all’84% tra i giovani).
Un piccolo, minuscolo segnale di consolazione ci sarebbe: “Il nostro è il Paese delle mille meraviglie, se ammirato dall’alto delle lussuose terrazze cittadine, degli strapiombi sul mare, delle colline e delle cime più elevate. Ignorando quanto sia invischiato in tutte le sue arretratezze, se praticato dal basso”, rileva il rapporto.