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L’Italia è il Paese più vecchio: le persone vivono di più, ma non è per forza una buona notizia

Pubblicato: 16/02/2024 13:15

L’età media degli italiani sale: è la più alta tra gli europei. E se questa vi può sembrare una buona notizia, arrivate in fondo a questo articolo per valutare bene. A iniziare dal fatto che se negli ultimi dieci anni si è registrato un aumento medio dell’età di 2 anni e 4 mesi tra i cittadini Ue, in Italia è stato invece di 4 anni. Tradotto: l’Europa non cresce, a causa del crollo delle nascite e della chiusura dei confini agli immigrati. Tradotto ancora meglio: l’invecchiamento della Penisola è lento ma costante, con profonde ricadute sulla vita economica (pensate soltanto a chi finanzierà la spesa previdenziale) e soprattutto sociale.

I dati dell’Eurostat (database statistico dell’Unione europea) fissati al 1° gennaio 2023 sono implacabili. L’Italia invecchia sempre di più: se l’età media è di 44 anni e mezzo tra i 27 Stati membri, da noi sale a 48 anni e 5 mesi. Nessun altra nazione ci supera. In numeri spicci, la metà della popolazione dell’Ue a quella data di rilevazione aveva più di 44,5 anni, mentre l’altra metà era più giovane. Gli estremi? 38,4 anni di media a Cipro e 48,4 in Italia.

I dati europei: popolazione numerosa ma sempre più anziana

Ma quanti siamo nell’UE? Al 1º gennaio 2023 la stima era di 448,8 milioni di persone. Con queste fasce: il 14,9% di età compresa tra 0 e 14 anni; le persone considerate in età lavorativa (15-64 anni) erano il 63,8%; le persone anziane (età pari o superiore a 65) erano il 21,3%, con un aumento – viene sottolineato da Eurostat – del 3,0% rispetto a 10 anni prima. I dati evidenziano che la percentuale di persone in età lavorativa si riduce, mentre sale quella di pensionati. “La quota di anziani sul totale dovrebbe aumentare significativamente nei prossimi decenni. Ciò può comportare aumenti di oneri per chi lavora, dovendo coprire la spesa sociale richiesta dall’invecchiamento”, sottolineano da Eurostat.

Ad avere più bambini, quindi a invecchiare meno tra gli Stati dell’UE, sono stati per la fascia tra 0 e 14 anni Irlanda (19,3% della popolazione), Svezia (17,4%) e Francia (17,3%): Ad avere meno bambini ecco Italia, (12,4% del totale popolazione), Malta (12,7%) e Portogallo (12,9%). Rispetto al 2022, solo Germania, Portogallo e Cechia hanno registrato aumenti percentuali di bambini. All’estremo opposto, per le persone di età pari o superiore a 65 anni sul totale, svetta ovviamente l’Italia (24%), il Portogallo (idem), la Bulgaria (23,5%); mentre Lussemburgo (14,9%) e Irlanda (15,2%) hanno le quote più basse.

Quest’ultimo valore (popolazione over 65) è registrato in aumento in tutti gli Stati dell’UE, passando nell’ultimo decennio dal 5,5% in Polonia, ai 4,8 in Slovacchia, ai 4,6 in Portogallo e Croazia. Fino all’1,3% della Germania e Svezia e allo 0,9% in Lussemburgo. Un’annotazione di Eurostat rileva che “livelli costantemente bassi di fertilità nel corso degli anni hanno contribuito all’invecchiamento della popolazione, con un minor numero di nascite che ha portato a un calo della percentuale di bambini e giovani nel totale. Questo processo è noto come “invecchiamento in fondo” della piramide della popolazione”.

Una quota relativa più alta di anziani in Europa può essere spiegata “da una maggiore longevità, modello evidente da decenni con l’aumento dell’aspettativa di vita; questo sviluppo è indicato come “invecchiamento al vertice” della piramide della popolazione”. L’impatto dell’invecchiamento demografico nella UE “sarà di grande importanza nei prossimi decenni. I tassi di natalità sempre più bassi e l’aspettativa di vita più lunga stanno trasformando la forma della piramide dell’età e il cambiamento più importante sarà la marcata transizione verso una struttura demografica molto più vecchia”.

Gli indici di dipendenza dall’età sono utilizzati per studiare qual è il sostegno fornito alle persone più giovani e/o anziane da quelli che possono lavorare. Il così detto rapporto di dipendenza dalla vecchiaia per l’UE al 1º gennaio 2023 era del 33,4%, con poco più di tre persone in età lavorativa per ogni persona di età pari o superiore a 65 anni. Rapporto che negli Stati membri dell’UE variava dai minimi del 21,5% in Lussemburgo e del 23,2% in Irlanda, con quasi cinque persone in età lavorativa per ognuna di 65 anni o più; ai massimi del 38% in Portogallo, del 37,8% in Finlandia e in Italia con meno di tre persone in età lavorativa per ognuna di 65 anni o più.

Come ha rilevato Emanuele Bonini su La Stampa, oggi “più di un terzo della popolazione italiana è praticamente a carico dell’Inps, con tutte ripercussioni del caso”. Dall’indice del 32,7% nel 2013, ora si è saliti al 37,8% degl totale degli italiani. “In questa decade l’Italia è invecchiata, trainando un’Unione europea sempre più ingrigita”.

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Ultimo Aggiornamento: 16/02/2024 13:27

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