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Caso Alessia Pifferi, oggi interrogate le psicologhe del carcere indagate per favoreggiamento

Pubblicato: 04/04/2024 16:16

Nel caso giudiziario di Alessia Pifferi è stata aperta un’indagine parallela, che riguarda le psicologhe del carcere di San Vittore in cui la donna è reclusa, accusata di aver lasciato morire di stenti la figlia Diana Pifferi, 16 mesi, abbandonandola da sola in casa per una settimana nel luglio 2022.

Nella giornata di oggi, giovedì 4 aprile, sono state interrogate le due professioniste indagate per falso e favoreggiamento dalla Procura di Milano. Le due psicologhe avrebbero eseguito alcuni test su Alessia Pifferi, la donna di 38 anni accusata di aver fatto morire la figlia Diana di 18 mesi. In totale sono quattro le esperte iscritte nel registro degli indagati: due lavoravano in carcere a San Vittore, un’altra avrebbe alternato il lavoro all’Azienda socio sanitaria territoriale Santi Paolo e Carlo con le ore di servizio in carcere, la quale invece sarebbe esterna all’istituto penitenziario.
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Le indagate si sono avvalse della facoltà di non rispondere

In aula sono state ascoltate le ultime due a essere state iscritte nel registro degli indagati. Una delle professioniste, però, ha deciso di non rispondere alle domande del pm Francesco De Tommasi, dal quale è partita l’indagine. Alle 15 verrà ascoltata la seconda dottoressa, ma la difesa ha preannunciato che anche lei si asterrà dal parlare. Lo stesso era accaduto con le altre due indagate in precedenza. 

Secondo De Tommasi, le quattro donne avrebbero attuato una manipolazione per far si che Alessia Pifferi potesse ottenere la perizia psichiatrica. Il pm sostiene che la psicologa che lavora all’Asst Santi Paolo e Carlo avrebbe predisposto “i relativi protocolli con i punteggi già inseriti” nella somministrazione del test di Wais. In questo modo, secondo l’accusa sarebbe stato possibile far emergere un grave deficit cognitivo. Ma la perizia, affidata al dottor Elvezio Pirfo, aveva definito Pifferi capace di intendere e volere. 

Secondo l’accusa i colloqui con la detenuti sarebbero stati “falsamente annotati nel diario clinico, con riferimento ai presupposti del ‘monitoraggio’ a cui la Pifferi veniva sottoposta, in realtà inesistenti giacché la donna non era un soggetto a rischio di atti anticonservativi”. Per il magistrato due psicologhe indagate avrebbero portato avanti una “vera e propria attività di consulenza difensiva”. Avrebbero quindi lavorato per fornire “una base documentale che le permettesse di richiedere e ottenere in giudizio, eventualmente con il filtro di un’ulteriore consulenza di parte, la tanto agognata perizia psichiatrica”.
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Ultimo Aggiornamento: 04/04/2024 18:11