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Bimbo ucciso durante il rally: “Responsabili gli apripista”

Pubblicato: 15/04/2024 10:41
Coassolo rally bimbo sentenza

I giudici hanno deciso: sono cinque le condanne a sei mesi ciascuno e quattro assoluzioni per la morte di Aldo Ubaudi, il bimbo di 6 anni investito il 27 maggio 2017 da un’auto uscita di strada durante la prova speciale al 32º Rally Città di Torino a Coassolo. Il piccolo si trovava con i genitori in un prato e un’auto che partecipava alla gara, una Skoda Fabia, li travolse dopo essere uscita di strada. Secondo il tribunale di Ivrea non hanno alcuna responsabilità Mario Ghiotti (legale rappresentate della Rally Team Eventi organizzatore dell’evento), il direttore di gara Alfredo Delleani, il capo posto Giampiero Loffi e Guido Penasso, autista della vettura del Delegato Allestimento Percorso. In pratica, secondo la sentenza, non ricoprivano posizioni di garanzia rispetto a quella tragedia.
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Le motivazioni della sentenza

Un ruolo di garanzia che, al contrario, secondo la giudice Lucrezia Natta, era ricoperto dal delegato dell’allestimento del percorso e dai due equipaggi delle auto apripista. Loro avrebbero dovuto accorgersi che il pubblico si trovava ad assistere alla gara dietro alle bandelle biancorosse, cioè in una zona pericolosa e di conseguenza vietata. Secondo i giudici, dunque, il delegato dell’allestimento percorso, Fabrizio Giuggia, i due equipaggi delle auto apripista Antonio Multari e Massimo Sasso (vettura “00”) e Valentina Grassone e Gianluca Morello (vettura “0”), avrebbero dovuto accorgersi della “non conformità dell’allestimento” e della “presenza di pubblico in area vietata”.


“Non svolgevano i necessari controlli a verifica del posizionamento del pubblico nel corso del sopralluogo apripista”, si legge nelle motivazioni della sentenza. Oltre al nastro bianco e rosso, in quel punto del prato erano presenti altre due bandelle. Su quella bianca c’era la scritta “zona pericolosa” che era visibile dalla strada. Al passaggio delle vetture apripista la famiglia Ubaudi non era però ancora arrivata nel prato, ma poco dopo.

Fabrizio Giuggia è stato condannato perché non eseguì correttamente i controlli, non pose cioè rimedio (né segnalando, né fermandosi) alla tiratura delle bandelle bianche e rosse, e al conseguente passaggio libero della strada verso il prato. Per emettere la sentenza, la giudice si è basata sulla disciplina normativa del rally. I difensori, gli avvocati Stefano Tizzani, Claudio Casalino e Flavio Manavella, hanno già reso noto che presenteranno ricorso in Appello.
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