Ministro dell’Industria e del made in Italy. Un incarico che per Adolfo Urso, scelto da Giorgia Meloni per comporre la sua squadra di governo, è recentemente diventato sinonimo di polemiche, soprattutto quando di mezzo ci sono le eccellenze italiane. L’esponente di Fratelli d’Italia aveva fatto parlare di sé nei giorni scorsi per le contestazioni a Stellantis, gruppo partecipato Exor che controlla anche Repubblica: al ministro non era piaciuta la scelta di battezzare “Milano” il nuovo modello del marchio Alfa Romeo, visto che non viene prodotto in Italia. Un attacco che aveva portato a una lunga serie di accuse e controaccuse fino alla decisione finale, quella della retromarcia.
L’amministratore delegato della casa automobilistica del Biscione, Jean–Philippe Imparato, in seguito alla polemica ha infatti deciso di cambiare il nome dell’auto in “Junior”. “Un’auto chiamata Milano non si può produrre in Polonia”, aveva contestato Urso. Proprio il ministro, però, è ora finito nel mirino dopo un’indiscrezione pubblicata da Dagospia, che ha messo seriamente in discussione la fedeltà al madei in Italy dell’esponente FdI.
Dagospia ha pubblicato la dichiarazione patrimoniale del ministro dell’Industria e made in Italy. Dalla quale risulta che il parco auto di Adolfo Urso sarebbe composto da una Volkswagen T Cross del 2021 e da una più datata Toyota Raw4, immatricolata nel 2006. Due suv, nessuno dei quali riconducibili all’Italia. Nei giorni scorsi, il ministro Urso aveva ribadito che l’Italia ha bisogno di più case automobilistiche, non solo di Stellantis, aprendo quindi all’industria cinese che, con il marchio Dongfeng, ha reso noto di essere pronta ad avviare produzione nel Paese.