“Perdo il mio corpo pezzo dopo pezzo, ho firmato per il fine vita con la penna in bocca. Guardate come vivo prima di negarmi la libertà di scegliere”. L’appello di Martina Oppelli, architetta triestina di 49 anni affetta da sclerosi multipla da quando aveva 28 anni.
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La vita di Martina Oppelli
Martina Oppelli è un’architetta triestina di 49 anni, è affetta da sclerosi multipla da quando aveva 28 anni. Necessita di assistenza continua. Che sia mangiare, lavarsi o prendere le medicine, non è autonoma.
Un anno fa ha chiesto all’Asl universitaria Giuliano Isontina di usufruire alla pratica del fine vita. Dopo 8 mesi la sua richiesta è stata rifiutata. Oggi, dopo una lunga battaglia giudiziaria con l’aiuto dell’associazione Luca Coscioni, il suo caso verrà rivalutato. «Venite a vedere come vivo, prima di negarmi la libertà di scegliere», dice ai legislatori intervistata da Repubblica. E lancia un appello: «Il Parlamento deve sbrigarsi a legiferare. Servono leggi adeguate, perché può capitare di trovarsi in queste condizioni. E io non lo auguro a nessuno».
“Ho firmato i moduli reggendo la penna con la bocca”
Martina è inerme davanti alla degenerazione della malattia: «Assisto giorno dopo giorno alla perdita del mio corpo, pezzo dopo pezzo. Mi rimane la mente e per ora anche il sorriso». La decisione di chiedere accedere al fine vita arriva il 6 aprile 2023: «Era il giovedì santo. Io sono cattolica. Stavo guardando la messa del Papa in televisione, parlava delle schiave. E io mi sentii la più grande delle schiave. Passai i tre giorni successivi a informarmi e compilare richieste. Ho firmato i moduli reggendo la penna con la bocca».
Il trasferimento negato
L’azienda sanitaria le ha negato il trattamento perché ritiene che Martina non sia una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Uno dei 4 requisiti richiesti – insieme a una patologia irreversibile; una patologia che crea sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili; una persona che sia in grado di esprimere un consenso libero e consapevole – dalla sentenza della Consulta per garantire l’accesso al suicidio medicalmente assistito.
«Da sola non posso mangiare, bere, non posso muovermi. Se mi sbilancio con la testa in avanti, non riesco a raddrizzarmi. Ho bisogno di una persona accanto 24 ore al giorno. Non è sostegno vitale questo?». Così, grazie all’associazione Luca Coscioni che ha portato la sua istanza alla Consulta il 19 giugno, il suo caso verrà ora rivalutato.