Michelle Causo e il mistero dei presunti messaggi inviati da Treviso, dove è detenuto il ragazzo oggi maggiorenne accusato dell’omicidio della ragazza romana trovata morta in un carrello della spesa a Primavalle. A più di un anno dall’omicidio, il padre di Michelle, Gianluca Causo, ha espresso nuove accuse riguardanti messaggi provocatori che riceverebbe da profili falsi sui social media, con indirizzi IP che tracciano a Treviso, la città in cui è detenuto il ragazzo accusato del delitto. Il sospetto del padre è che l’accusato stia utilizzando l’accesso a Internet dal carcere per tormentare ulteriormente la famiglia.
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Dall’altra parte, Girolamo Monaco, direttore dell’Istituto Penale per Minori (IPM) di Treviso, ha categoricamente smentito queste accuse, affermando che l’uso di Internet da parte dei detenuti è strettamente controllato e limitato. “Smentisco nel modo più assoluto – risponde all’Adnkronos Monaco – Bottega Grafica è un corso di grafica pubblicitaria; il professore è stato da me autorizzato ad accedere a YouTube per far vedere alcuni video legati alla materia”.
“Ho molto rispetto del padre, perché il dolore che prova è grandissimo. Ma lui probabilmente confonde quello che succede in altri istituti con quello che accade qui a Treviso, facendo probabilmente di tutta l’erba un fascio, riferendosi magari a quanto sarebbe accaduto in altri penitenziari“, continua il direttore dell’Ipm veneto. “Escludo che il detenuto possa essersi collegato a internet, e se c’è qualcuno che ha prova di questo, può anche adire la magistratura. È impossibile che il professore abbia dato modo ai detenuti di collegarsi autonomamente, la prima denuncia l’avrei fatta io. A parte che ci sono le telecamere ovunque. Ma poi è sempre seguito da un agente. Non è che c’è un rapporto uno a uno”.
Monaco ha anche sottolineato le difficoltà logistiche e umane che affronta l’istituto, come il sovraffollamento, il caldo estremo e problemi di salute come la scabbia tra i detenuti. “Il mio problema in questo momento è la scabbia che affligge diversi detenuti. Il mio problema è il caldo nelle celle. Il mio problema è il sovraffollamento – insiste Monaco – Io sento veramente da cittadino, da padre, tutta la sofferenza del papà di Michelle e sento anche la sua solitudine, perché in un percorso di giustizia riparativa anche lui doveva essere seguito e sostenuto. E invece di fatto è abbandonato. Lui qui nella sua rabbia ha chiamato più volte, lamentandosi, ma questo non è un albergo, questo è un carcere della Repubblica Italiana sottoposto alle leggi dello Stato italiano. E su questo garantisco io”.
Monaco ha infine ribadito che l’istituto fa del suo meglio per gestire la situazione in modo trasparente e responsabile: “Qui tutti sono vittime. È vittima la madre del reo. È vittima la famiglia di Michelle. E la vera sconfitta è la società, in questo mondo di like, di questa cultura malata. Mi sento di dire, però, che il Ministero è intervenuto quando abbiamo avuto sovraffollamento, mi ha aiutato ad alleggerire la pressione, ma soprattutto mi ha dato undici agenti in più dal mese di luglio. E ha significativamente migliorato la qualità. I detenuti hanno il loro programma di trattamento individualizzato, che funziona. Tra cui questa Bottega Grafica, un corso storico che produce brochure, volantini per il privato sociale, un progetto che negli anni scorsi ha fatto impiegare anche alcuni operai, perché è un corso professionalizzante”.