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Claudio Baglioni, il figlio Giovanni in ospedale per i calcoli renali: “Ringrazio medici e infermieri”

Pubblicato: 02/10/2024 16:44
Claudio Baglioni figlio ospedale

Paura per Giovanni Baglioni, figlio del più noto Claudio Baglioni, avuto con la ex moglie Paola Massari. Anche lui musicista. È stato lo stesso Giovanni a pubblicare un lunghissimo post su Facebook il 29 settembre scorso, in cui ha raccontato cosa gli è accaduto nell’ospedale di Agordo (vicino Belluno, in Veneto), durante un suo recente ricovero per calcoli renali. Il figlio di Baglioni si è rivolto ai medici che lo hanno curato.
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Il lunghissimo post di Giovanni Baglioni

“Non sono solito fare pubblicazioni come quella due giorni fa. – scrive Giovanni Baglioni su Facebook – Ringrazio tutti per la premura mostratami e ci tengo a dire che non volevo far leva su un meccanismo emotivo per pietire compassione né richiamare attenzione. Neanche sono solito far tracimare questioni delicate o intime della vita nelle mie comunicazioni pubbliche. L’ho scritto veramente più che altro perché il rammarico di non poter partecipare alla fiera e incontrare come l’anno scorso con grande piacere tante persone con le quali scambiare musica e idee era reale, e la mia assenza aveva un motivo serio, che ho anche cercato di sdrammatizzare un po’ nel comunicare”.

“A questo punto però prendo l’occasione anche per condividere altri pensieri che questa esperienza mi ha fatto, ulteriormente, elaborare. Ci tengo a manifestare la mia gratitudine nei confronti del personale dell’ospedale di Agordo, per avermi preso in cura con attenzione, sensibilità e umanità ancor prima che professionalità. Ma anche, e qui parte la mia elaborazione o digressione, per avermi così ricordato che ogni individuo è responsabile della propria condotta, e ragionare per categorie sicuramente è naturale e in una certa misura utile, ma può distorcere la percezione. Parlo di “categorie” perché i fatti di qualche anno fa, che spero non siano sopiti nella memoria delle persone come ancora sono brucianti per me, e che dovranno essere oggetto di profonda revisione storica, sociale e morale quand’anche non giuridica, mi hanno fatto maturare mio malgrado un consistente grado di diffidenza nei confronti di svariate categorie. Le autorità in genere, i giornalisti, gli esperti (o i presunti tali), i medici”.

“Nella valutazione delle responsabilità devo però ricordare che i medici, che dovrebbero operare in scienza e coscienza, sono stati defraudati di questa loro fondamentale prerogativa, sviliti e ridotti a funzionarietti e megafoni, chi con le maniere buone degli incarichi prestigiosi, della allettante visibilità mediatica, dei guadagni rapidi derivanti dalla somministrazione delle nuove pratiche obbligatorie, della fascinazione tutta mediatico-cosmetica di essere “angeli in camice” operanti sotto il vessillo tutto ideologico de “laScienza” e festosamente marcianti al passo coreografico di “Jerusalema”; chi altro con le maniere cattive delle minacce del demansionamento o dell’isolamento professionale, dello stigma sociale, della distruzione della credibilità e della carriera, della radiazione. Ridotti a degli ingranaggi di una macchina che gerarchicamente li schiacciava dall’alto per far di loro una leva e moltiplicare la propria forza con la quale schiacciare più in basso; dei meri esecutori atti e demandati ad applicare acriticamente tutta una serie di dettami, contraddittori dal lunedì al mercoledì, privi di umanità e di ragione, prima ancora che di scienza e coscienza, oltreché di congruità, legittimità e trasparenza”.

“Ebbene io oggi, grazie a questa dolorosa e calcolosa esperienza, rivivo riconosco e ricordo, come ha scritto magistralmente e molti anni prima di questi fatti il Pedante nel suo “Immunità di Legge” che a tutti indistintamente consiglio, che non esistono “iMedici”. Non esistono ossia le categorie monolitiche evocate dalla propaganda per condurre tutti al recinto di un’ortodossia di pensiero che non ammette, e falcidia, qualunque eresia. Bensì esistono “i medici”: Esiste il dottor Bulf, il cui peculiare cognome fa immaginare un’ascendenza tedesco-lupoide che con un po’ di fantasia si può scorgere nella sua barbetta da lupo mansueto, che consultata la tac con un certo grado di serenità ed entusiasmo afferma “Ce l’ha piccolissimo!”, spero riferendosi al calcolo”.

“Esiste l’infermiera che mi dice “ma tu sei Giovanni?” e si ricordava dell’antitetanica che ho fatto lì due anni fa quando mi si è conficcato un chiodo arrugginito della prima guerra mondiale nella scarpa. Esiste l’infermiere che notando la mia destra unghiuta ha intuito il mio essere chitarrista e per rallegrarmi un po’ mi ha raccontato del suo tragicomico trascorso da bassista con il soprannome tutt’altro che lusinghiero di “Pala meccanica”. Esiste l’infermiere che vedendomi rattrappito e quasi paralizzato in un momento di picco di dolore mi ha rimboccato lenzuola e coperte con la premura e la cura amorevoli di un genitore. Esistono tutti quelli i cui volti sono già più confusi nella mia memoria per colpa del cocktail senza ombrellino di toradol, fentanex e tachidol. Non c’è, e spero non ci sarà mai più, bisogno di “angeli in camice”, propagandistica declinazione contemporanea dei giovani Balilla. C’è bisogno esseri umani e della loro umanità, nient’altro che questo li rende la creazione più grande di Dio”, conclude.

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