
A Palazzo Chigi si nutrono dei «dubbi» riguardo all’efficacia del decreto relativo ai paesi sicuri per proteggere i Cpr in Albania. Tanto che, al termine di un consiglio dei ministri di soli trenta minuti che ha approvato il provvedimento, Giorgia Meloni si è mostrata «furiosa». Durante la discussione, invece, era rimasta in silenzio. Non si è presentata alla conferenza stampa per spiegare il decreto legge e ha annullato un altro incontro previsto per stamattina, evitando così domande scomode. Nel governo, intanto, si alimenta la teoria di un complotto da parte della magistratura, suggerendo che la decisione di Silvia Albano fosse un messaggio diretto per frenare la riforma della giustizia e la separazione delle carriere. Per questo il provvedimento è stato ridotto, anche su indicazione del Quirinale.
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Secondo quanto riportato da un retroscena di Repubblica, il sottosegretario Alfredo Mantovano ha messo in chiaro che: «È molto probabile che i giudici disapplicheranno questo decreto». Tuttavia, la Meloni ha deciso di procedere: «Andiamo avanti. Dobbiamo inviare un segnale politico». Nonostante ciò, dal testo sono state escluse le proposte più complesse, come la sostituzione dei tribunali per l’immigrazione con giudici di pace e corti d’appello, così come quelle che avrebbero permesso di mantenere i migranti in Albania anche in caso di sentenze avverse. Questa opzione era stata discussa nei giorni precedenti alle decisioni del tribunale di Roma, prevedendo di considerare il Cpr come territorio italiano e trattenere i migranti anche dopo tali sentenze, un’idea su cui il ministro Matteo Piantedosi aveva lavorato, per poi rinunciare dopo aver esaminato la sentenza.
Nel frattempo, mentre si preparava il decreto, la premier ha lasciato trapelare ulteriori accuse nei confronti dei giudici, affermando che lo scontro sull’Albania si basa sulla battaglia di Magistratura Democratica contro il governo, con la vera posta in gioco rappresentata dalla separazione delle carriere. Alcuni “ambasciatori” della magistratura hanno avanzato un compromesso: approvare la riforma, ma senza il sorteggio per il Consiglio Superiore della Magistratura. Tuttavia, Meloni intende procedere, ritenendo che ciò contribuirà a ridurre il potere delle correnti interne. La maggioranza punta a una prima lettura del provvedimento entro la fine dell’anno, e poco importa se nel frattempo le tensioni con i giudici aumenteranno, considerando il provvedimento inefficace redatto dai suoi stessi uffici.