
Elia Kazan, uno dei grandi cineasti americani, in un film del 1969 descrisse con potente drammaticità la Grande Depressione del 1929. In questa pellicola si vede per l’intera durata una gara di ballo frenetica con un premio in denaro alla coppia vincitrice, e tante persone colpite dalla crisi economica, ormai in miseria, che ballavano fino a morire, per tentare di incassare quel premio e sopravvivere, come dei cavalli frustati a sangue dalla malasorte.
La stessa cosa sta succedendo in Sicilia, si sta per aprire una riffa rivolta ad aspiranti politici, o al recupero di residuati bellici, a giovani promesse o a vecchi arnesi. Si chiamano elezioni provinciali dirette, perché quelle indirette, senza candidati da spremere fino al midollo, vigenti nel resto d’Italia, non le vogliono fare. In parte perché sarebbero ingestibili dai partiti, in parte perché la politica è diventata un tritacarne che ha bisogno di sempre nuove risorse umane. In palio non c’è un solo premio ma ben 338 poltrone, tra Presidenti, assessori e consiglieri provinciali. Si calcola che i potenziali candidati, da fare ballare per contrade che non hanno più nemmeno le strade di collegamento, siano migliaia.
Per alcuni ci sarà la vittoria, per coloro che si impegneranno case e parenti e non ce la faranno ci sarà la prossima lotteria delle regionali, se la moglie più saggia non avrà divorziato, ed il padre più amorevole non si renda conto che il figlio cocuzza era e cocuzza resterà. Rimaniamo solo noi siciliani a credere nelle false promesse, nelle illusioni dell’ultima Circe siciliana, la politica. Vuoi dare un futuro luminoso a tuo figlio/figlia, cosa perdi tempo a farlo studiare o mandarlo sul trattore, candidalo alle provinciali. Certo tua figlia avrà meno possibilità per andare in giunta, perché, anche qui difformemente dal resto del Paese, non abbiamo obblighi di parità di genere nelle giunte, ma va bene così. Ma perché siamo così, diversi, differenti? Perché la politica siciliana, senza distinzione di sorta, ha bisogno di illusione più che di concretezza, di partecipate più che di partecipazione. Ha necessità di sopravvivenza, mors tua vita mea, spremendo le persone per il bene supremo, il consenso. Senza consenso coloro che decidono presidenti, assessori, direttori generali di ospedali, consiglieri di amministrazione, perfino caposquadra delle forestali, non sono più nulla, il Re diventa nudo, ed i siciliani potrebbero risvegliarsi da questo sonno eterno gattopardesco. E magari cominciare a fare a meno di loro, dei Sedara.