La Procura di Genova ha chiesto il rinvio a giudizio per alcuni medici dell’Ospedale di Lavagna in merito alla gestione del caso di Camilla Canepa, la ragazza 18enne morta nel giugno 2021 dopo la somministrazione del vaccino anti-Covid.
La vicenda, che ha scosso profondamente l’opinione pubblica, solleva interrogativi su eventuali mancanze nella gestione clinica del caso, in particolare rispetto alle linee guida per il riconoscimento della sindrome da trombocitopenia trombotica indotta da vaccino (Vitt).
Le accuse della Procura
L’accusa avanzata dai pubblici ministeri si concentra su presunti errori di negligenza e imprudenza commessi dai medici, che, secondo le indagini, non avrebbero eseguito alcuni esami fondamentali per identificare la Vitt. Nonostante Camilla presentasse sintomi come un forte e persistente mal di testa e si fosse da poco sottoposta alla vaccinazione con il vaccino AstraZeneca, i sanitari decisero di non procedere con esami specifici come il dosaggio del D-Dimero e la ricerca di anticorpi anti-eparina/PF4, indicatori fondamentali per riconoscere la sindrome.
Oltre al reato di omicidio colposo, la Procura contesta ai medici anche il reato di falso in atto pubblico, poiché il vaccino anti-Covid non sarebbe stato annotato nella cartella clinica della paziente. La mancata registrazione del vaccino potrebbe aver ostacolato la corretta diagnosi e impedito l’intervento tempestivo.
Procedura e prossimi passi
Con la formale richiesta di rinvio a giudizio, gli atti sono stati depositati, e i difensori dei medici avranno ora la possibilità di presentare memorie difensive, richiedendo, se necessario, ulteriori accertamenti entro i termini previsti dalla legge. Se il giudice accoglierà la richiesta della Procura, si procederà con il processo, in cui verranno approfondite le eventuali responsabilità dei medici coinvolti e l’aderenza o meno alle linee guida sulla gestione dei sintomi post-vaccino.