Un’umiliazione accademica che avrebbe potuto essere un campanello d’allarme. Marco Antonio Procopio, oggi al centro di un’indagine per la morte della 22enne siciliana Margaret Spada, aveva fallito clamorosamente il test di ammissione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, uno degli atenei più prestigiosi in campo medico. Era il 2011, e Procopio, allora diciannovenne, aveva sognato di seguire le orme del padre medico, partecipando alla selezione per il corso di laurea in Medicina e Chirurgia. I risultati furono disastrosi: con un punteggio di 13,58 su 100, si posizionò al 6230esimo posto su 6265 candidati, una delle peggiori performance registrate. L’insuccesso lo escluse da qualsiasi possibilità di accedere al corso, alimentando interrogativi sulla sua preparazione di base e sull’effettiva idoneità a intraprendere una carriera così delicata. Un percorso alternativo: dalla Romania alla sala operatoria
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La laurea in Romania
Nonostante il fallimento, Procopio non si arrese. Lasciò l’Italia per laurearsi in Romania presso l’Università Vasile Goldis di Arad. Tornato in patria, completò la specializzazione in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva presso la scuola del celebre chirurgo Ivo Pitanguy, per poi lavorare nel centro medico di famiglia a Roma, in via Cesare Pavese.
La struttura priva di autorizzazioni sanitarie
Tale struttura, ora sotto sequestro, è nota per essere il luogo in cui Margaret Spada ha perso la vita dopo un intervento di rinoplastica dal costo di 2.800 euro. La giovane sarebbe deceduta per complicazioni legate alla somministrazione dell’anestesia. Secondo il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, la clinica non era autorizzata a effettuare interventi chirurgici. «Non risulta un’autorizzazione sanitaria», ha dichiarato Rocca, condannando l’irregolarità come un insulto alla professione medica.
La morte di Margaret Spada ha portato alla luce numerose criticità. Marco Antonio Procopio si è ritirato dai social, ma non è riuscito a cancellare le recensioni, alcune entusiastiche, altre impietose: «Mi ha rimandato a casa piena di sangue e pus».
Resta anche la testimonianza del test d’ammissione del 2011, un documento che oggi suona quasi come una profezia: un inizio difficile che avrebbe dovuto far riflettere sull’intero percorso del medico. Ora, le autorità indagano non solo sulla morte della giovane, ma anche sul funzionamento di una struttura sanitaria apparentemente priva delle autorizzazioni necessarie. Il caso Procopio apre un dibattito più ampio sulla responsabilità e sull’etica in medicina. La tragedia di Margaret Spada è il triste epilogo di una serie di errori e violazioni che mettono in discussione non solo la professionalità di un singolo medico, ma anche l’efficacia dei controlli nel settore sanitario.