Una volta si diceva partito di lotta e di governo, fondamentalmente per la lunga marcia della sinistra che da un lato non voleva mollare le lotte massimaliste, dall’altra aspirava ad essere alternativa credibile di governo. Sappiamo come è andata a finire, han perso gli operai e dopo un po’ anche il governo. Oggi in questa contraddizione in termini ci è finita la Meloni. Nell’arena Pane e Circo Massimo, tra una motosega, un filo di Arianna, quello che mancava era la lotta all’avversario, cosa in cui Giorgia giganteggia. Ha dovuto riesumare, forse con l’aiuto della Bruzzoni e del RIS di Parma, il corpo politico di Prodi per trovarne uno. Perché Landini come avversario è poco credibile, con quei 4 gatti che ha portato in piazza rispetto ai 3 mln che portò Cofferati contro Berlusconi. La verità è che la Meloni di Atreju era quasi un Don Chisciotte contro i mulini a vento, tanta l’inconsistenza dell’opposizione, più per qualità che quantità. Quando la leader d’un partito a soli 6 punti dalla Meloni, che non cresce ma nemmeno decresce, si rifugia nel populismo dell’aumento di stipendio dei ministri, mancano proprio le idee. La verità è che la Meloni lotta contro se stessa, contro il suo governo, perché il milione di posti di lavoro si giustificano in un paese a basso salario, i più bassi della vecchia Europa, per questo Stellantis ha ancora 40.000 lavoratori in Italia, se no se ne sarebbe già emigrata. Ma nonostante la crescita occupazionale post covid, aiutata da vecchie decontribuzioni e nuovi contributi europei, il PIL, vero fattore della riduzione del debito e del deficit, cresce molto meno delle previsioni, e con una Germania in recessione, un mercato ad Est bloccato, non potrebbe essere altrimenti. Non potendo lottare contro avversari interni, non avendo leve sull’economia, alla Meloni resta, e fa molto bene, andreottianamente, la politica estera. Dove rispetto a leader in crisi, vedi Macron e Scholz, lei eccelle per stabilità indotta da carenza di competizione. Mai la politica italiana ha avuto tanta stabilità con un partito/Stato che non supera la soglia del 30%. Perché al di là dei numeri di ciò che c’è intorno alla Meloni, quello che mancano sono idee e visioni differenti. Salvini è terrorizzato dalla sentenza di Palermo, Tajani ha puntato più sul Tavor, medicinale tra i più venduti, che sul Viagra, Conte tra poco è con Taffo, Calenda ha gli stessi numeri di Crozza e Renzi ha scelto la linea quota periscopio. La Schlein? Sta ancora arrivando, come un accelerato tra Trapani e Siracusa: quei tempi di viaggio in cui in Europa ti fai tre nazioni, in Sicilia nemmeno esci dall’isola. L’unica lotta che resta alla Meloni tra poco sarà con sé stessa. Ed il tempo sta arrivando, se dice che vuole passare tutte le notti fino a fine legislatura in Albania. Ci può andare, tanto qui, a giudicare dai selfie, resta Arianna.
Pubblicato: 16/12/2024 13:12