
Una coltellata, precisa e profonda, al cuore. Un solo colpo, come in un dramma antico, ma qui il ruolo dell’assassino sembra ribaltato. Stella ha dichiarato in lacrime al giudice: «Non volevo ucciderlo, volevo solo allontanarlo perché mi stava aggredendo». Il giudice di Monza, venerdì scorso, ha accolto la richiesta del suo avvocato, Manuel Messina, concedendole i domiciliari, evitando il carcere dove era detenuta da due giorni, dopo l’ennesimo litigio finito in tragedia con Marco Magagna.
Erano circa le 2:30 del 6 gennaio, nella loro mansarda di Bovisio Masciago. Dopo una cena con un’amica, Stella l’aveva accompagnata a casa, tornando poi a una discussione con Marco. «Abitano di fronte, urlavano spesso. Poi tornava il silenzio, e non chiamavo nessuno, tanto litigavano e poi facevano pace», racconta un vicino, Geremias, abituato al trambusto. Ora la Procura di Monza indaga per chiarire i dettagli di quella notte, oscillando tra “eccesso colposo di legittima difesa” e “omicidio volontario aggravato”.
La loro relazione, durata circa un anno e mezzo, viene descritta come tormentata. Stella, interior designer con un passato da modella, è madre di un bambino di otto anni. «Era fumantina, quando le venivano i cinque minuti era meglio starle lontano», racconta una collega. Secondo un amico di Marco, Stella lo aveva già ferito con un coltello il 27 dicembre: «Lui non l’ha denunciata perché era troppo preso da lei».
Altri vicini e conoscenti confermano un rapporto conflittuale, con accuse reciproche. Stella avrebbe detto di non aver denunciato Marco «per proteggere mio figlio». Nel frattempo, gli inquirenti stanno esaminando i telefoni e le analisi tossicologiche per fare luce sulla dinamica. Su Facebook Stella scriveva: «Non trasformate ogni discussione in una lotta di supremazia». Ma gli amici di Marco ribattono: «E le sue lacrime chi le conta?».