
La Procura di Milano ha notificato la chiusura delle indagini nei confronti di 12 persone accusate di minacce e diffamazione aggravate dall’odio razziale ai danni di Liliana Segre. I pm sono ora pronti a richiedere il rinvio a giudizio per i responsabili. Tra i 29 inizialmente coinvolti nell’indagine, per 17 persone, tra cui chef Rubio (Gabriele Rubini), è stata invece richiesta l’archiviazione. Secondo la Procura, i post pubblicati dagli indagati non contengono elementi diffamatori ma rappresentano solo critiche di natura politica. I contenuti di Rubio, pur caratterizzati da toni aspri, rientrerebbero in un legittimo dibattito pubblico.
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Nuove offese durante la proiezione del documentario
In concomitanza con la proiezione del documentario Liliana, sui social sono comparsi nuovi messaggi offensivi e minacce contro la senatrice a vita. Roberto Jarach, presidente del Memoriale della Shoah di Milano, ha riferito che Segre, «così provata», ha rinunciato a partecipare a un evento al Memoriale organizzato per il Giorno della memoria.

Le condizioni della senatrice
Il figlio della Segre, Luciano Belli Paci, ha sottolineato che sua madre, a 94 anni, aveva già deciso di ridurre gli impegni pubblici: «Sicuramente è amareggiata, ma non si fa intimidire». Segre parteciperà solo alla celebrazione ufficiale al Quirinale il 28 gennaio.
L’indagine
L’inchiesta, coordinata dai pm Nicola Rossato e Marcello Viola, analizza i contenuti diffamatori e il contesto di odio razziale. Un fascicolo parallelo è stato affidato al pm Alessandro Gobbis. La Procura ha precisato che alcune dichiarazioni, pur riconducibili a critiche aspre, rientrano nella libertà di espressione e nel diritto di critica politica: “I suoi post sono espressione delle proprie personali opinioni che portava avanti con molteplici manifestazioni a favore della causa palestinese e in forte dissenso rispetto alle politiche del governo israeliano”.