
Mattia non è stato ucciso per “futili motivi”, come è stato detto. Non è stata una resa dei conti, spiega il papà del 14enne accoltellato il 24 gennaio a Istanbul.
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“Non è stata una lite, è stata un’aggressione”
“Mi rifiuto di usare parole come scontro o litigio. Mattia non conosceva i suoi aggressori e io non so i loro nomi. Non ho visto nemmeno il video delle telecamere di sorveglianza. Fino a domenica, pensavamo solo alla sua guarigione e a trasmettergli il nostro amore”.
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L’ultima giornata di Mattia
La sera prima aveva ricevuto la paghetta del mese. Aveva chiesto alla madre il permesso di uscire presto per visitare il mercato dell’usato di Kadıköy. Cercava magliette e accessori per lo skate. Voleva arrivare prima per trovare le occasioni migliori.
Alle otto e venti del mattino, una telefonata ha avvisato i genitori. “Siamo corsi in ospedale. Nessuno si aspettava una cosa del genere. Alle otto del mattino, in pieno giorno. Come si può pensare che accada una cosa simile?”.
L’amore per Istanbul
Mattia era nato a Istanbul, la considerava la sua casa. Anche dopo un anno vissuto a Malta, non vedeva l’ora di tornare. “Ripeteva sempre: ‘Papà, quando torniamo a casa?'”. Per la famiglia, Istanbul era sempre stata una città sicura.
Chi era Mattia
Un ragazzo normale, amava il suo gatto Lilli, lo skate e la musica. Suonava la chitarra classica e stava imparando a usare quella elettrica. La madre, Yasemin, violoncellista diplomata, gli aveva trasmesso questa passione. Adorava la buona cucina e i profumi. Gli amici gli regalavano spesso campioncini di fragranze. Parlava italiano, turco e inglese, aveva nozioni di giapponese, maltese e russo e sapeva contare in arabo.
“Hanno fatto il possibile”
All’ospedale, i medici hanno fatto il massimo. “Purtroppo, quando è arrivato, era già in condizioni disperate. Sapevamo che rischiava la vita, ma abbiamo pregato e sperato fino alla fine”.
Il sostegno degli amici
La comunità italiana e i colleghi di Eataly sono stati vicini alla famiglia. Hanno portato cibo, prestato un’auto e un camper per dormire vicino all’ospedale. “Ci hanno tenuti stretti, ci hanno dato un aiuto indescrivibile”.
La scelta della donazione
I genitori avrebbero voluto donare gli organi. “Pensavamo che in questo modo nostro figlio avrebbe continuato a vivere. Le ferite subite non lo hanno permesso“.
“Mattia è il nostro angelo”
“Ora è un angelo, il nostro angelo. Non voglio cedere all’odio, né puntare il dito. Vivo un dolore troppo grande. Ora dobbiamo andare avanti, in qualche modo”.