
L’inflazione continua a crescere in Italia, con un impatto significativo sul bilancio delle famiglie. Secondo i dati definitivi diffusi dall’Istat, a gennaio 2025 l’indice nazionale dei prezzi al consumo (Nic), al lordo dei tabacchi, segna un aumento dello 0,6% rispetto a dicembre 2024 e dell’1,5% su base annua, confermando la stima preliminare.
Leggi anche: Bankitalia, Panetta: “Crisi dell’area Euro peggiore del previsto”. I rischi di una nuova inflazione
I settori più colpiti
L’accelerazione dell’inflazione è principalmente dovuta al forte incremento dei beni energetici regolamentati, che passano da +12,7% a +27,5%, e alla minore flessione dei beni energetici non regolamentati (da -4,2% a -3,0%). In aumento anche i servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona, che passano da +3,1% a +3,3%. Questi rialzi sono stati solo parzialmente compensati dalla riduzione dei servizi relativi ai trasporti, scesi dal +3,6% al +2,5%.
Leggi anche: Luce e gas sempre più cari: come e dove si risparmia di più
L’inflazione di fondo, che esclude gli energetici e gli alimentari freschi, rimane stabile al +1,8%, mentre quella esclusivamente al netto dei beni energetici sale lievemente dal +1,7% al +1,8%. Il divario tra servizi e beni si riduce a +1,9 punti percentuali, rispetto ai +2,4 punti di dicembre 2024.
L’aumento mensile dell’indice generale è dovuto all’incremento dei prezzi energetici regolamentati (+14,2%) e non regolamentati (+2,7%), degli alimentari lavorati e non lavorati (+0,9%), dei beni durevoli (+0,6%) e dei servizi per l’abitazione e la cura della persona (+0,4%). Al contrario, un effetto calmierante deriva dalla riduzione dei servizi di trasporto (-2,3%).
Differenze geografiche
L’inflazione mostra un aumento in tutte le aree del Paese. Le variazioni più marcate si registrano nel Nord-Est e nel Sud, con un incremento dal +1,3% al +1,7%, e nelle Isole, dove l’aumento è passato da +1,2% a +1,6%. Nel Nord-Ovest, invece, la crescita è stata più contenuta, passando dal +1,1% al +1,3%.
Tra le città più colpite dal rincaro del costo della vita ci sono Bolzano e Rimini (+2,5%), seguite da Padova (+2,2%). Le città con l’inflazione più bassa risultano essere Livorno, Brescia e Aosta (+0,9%), con Firenze in coda (+0,6%).
Il commento delle associazioni dei consumatori
Il presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, Massimiliano Dona, ha definito il dato dell’Istat “un inizio d’anno pessimo”, sottolineando come l’inflazione tendenziale del +1,5% comporti un aumento del costo della vita pari a 520 euro annui per una famiglia con due figli. Di questi, 192 euro sono destinati a cibo e bevande analcoliche, mentre 212 euro riguardano il carrello della spesa.
Anche il Codacons lancia l’allarme, stimando un aggravio medio di 493 euro annui per la famiglia tipo e 671 euro per una famiglia con due figli. Il presidente Carlo Rienzi ha denunciato il peso crescente delle bollette energetiche, chiedendo un intervento immediato del governo per contrastare il caro energia e sostenere il potere d’acquisto delle famiglie.
Le città più costose e quelle più virtuose
L’Unione Nazionale Consumatori ha stilato una classifica delle città più care d’Italia. Al primo posto c’è Bolzano, dove l’inflazione del +2,5% si traduce in un rincaro di 724 euro annui per una famiglia media. Seguono Rimini (+2,5%, +679 euro annui) e Trento (+2,1%, +619 euro annui). Tra le regioni, il Trentino è la più costosa, con un’inflazione del +2,3% e un aumento della spesa di 654 euro annui per famiglia.
Sul versante opposto, la città con l’inflazione più bassa è Lodi (+0,5%), con un aumento annuo di soli 131 euro. Tra le regioni più risparmiose si distingue la Valle d’Aosta, che registra il minor aumento del costo della vita.
Con l’inflazione in crescita, le famiglie italiane si trovano ad affrontare una vera e propria stangata, tra rincari dell’energia e aumento dei prezzi dei beni di prima necessità.