
“La vicenda era a un milione di miglia di distanza dal doping.” Così Ross Wenzel, avvocato della WADA, ha spiegato la decisione di sospendere Jannik Sinner per tre mesi. L’atleta si è contaminato in modo involontario durante un massaggio, entrando in contatto con una pomata contenente clostebol, un anabolizzante vietato.
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Il compromesso che divide
La sospensione, in un periodo senza tornei del Grande Slam, permette al numero uno del mondo di tornare in campo agli Internazionali d’Italia e al Roland Garros. La decisione ha sollevato critiche tra i tennisti. Novak Djokovic ha parlato di ingiustizia: “Se sei un grande campione e hai accesso ai migliori avvocati, puoi influenzare le decisioni.”
La sentenza iniziale
Nel 2024 un tribunale indipendente ha stabilito che la contaminazione è avvenuta in modo involontario durante una seduta di fisioterapia. La quantità di clostebol era minima. Nonostante questo, la WADA ha fatto appello, sostenendo che l’atleta avesse comunque una parte di responsabilità.
Il rischio di una lunga squalifica
Se il caso fosse arrivato al TAS, Sinner avrebbe rischiato da uno a due anni di stop. All’inizio di febbraio, l’avvocato Jamie Singer ha avviato una trattativa con la WADA. L’agenzia ha ribadito che ogni atleta deve rispondere delle azioni del proprio staff, ma ha anche ammesso che il caso non rientrava nel doping intenzionale.
L’offerta e la scelta di Sinner
La WADA ha proposto tre mesi di sospensione immediata, una soluzione già applicata in altri 67 casi dal 2021. Quando l’avvocato ha illustrato l’offerta a Sinner, il tennista ha avuto dubbi: “Perché dovrei accettare se il tribunale ha già stabilito la mia innocenza?” La risposta è stata chiara: un’udienza avrebbe potuto concludersi con una squalifica molto più lunga.
Dopo una serie di telefonate nella notte del 14 febbraio, l’accordo è stato chiuso. Lo stop è entrato in vigore il giorno successivo. Sinner tornerà in campo il 15 maggio, pronto per Roma e Parigi.
Un equilibrio tra giustizia e convenienza
L’accordo ha garantito alla WADA il rispetto delle regole e a Sinner la possibilità di non saltare i tornei più importanti della stagione. L’avvocato Wenzel ha confermato che il caso era lontano dal doping vero e proprio, ma l’atleta ha accettato di assumersi la responsabilità del proprio team.