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Alberto Trentini è vivo, il Venezuela ha inviato una prova

Pubblicato: 24/02/2025 08:16
Alberto Trentini vivo Venezuela

A un mese dalla prova di vita fornita dal Venezuela, il cooperante italiano Alberto Trentini è ancora detenuto in un carcere dei servizi di Caracas. Il governo italiano, attraverso fonti di Palazzo Chigi, assicura che sta facendo tutto il possibile per riportarlo a casa, ma la vicenda resta estremamente delicata e complessa.
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Un caso difficile da risolvere

Dopo oltre due mesi di assoluto silenzio, il Venezuela ha confermato che Trentini è vivo e in condizioni discrete. Da quel momento, l’interlocuzione diplomatica si è intensificata, tanto che agenti dell’Aise si sono recati nel paese sudamericano con la speranza di ottenere un rilascio. L’obiettivo è un’espulsione, ma al momento questa possibilità appare ancora lontana.

Secondo fonti governative, la situazione è «molto più complicata» rispetto a precedenti casi simili. Il Venezuela chiede infatti all’Italia, così come ad altri governi europei, un riconoscimento del governo Maduro, un passo che l’Occidente ritiene inaccettabile.

Pressioni sull’Unione europea

A livello diplomatico, si stanno moltiplicando le pressioni sull’Unione europea affinché venga individuata una soluzione. Tra le ipotesi, la nomina di un inviato speciale per i casi di alto profilo politico, sul modello degli Stati Uniti, che hanno affidato all’ambasciatore Richard Grenell la mediazione con Maduro, riuscendo a ottenere il rilascio di sei detenuti americani il 7 febbraio scorso.

L’appello della madre di Alberto

La madre di Trentini, Armanda, ha scritto una lettera aperta alla premier Giorgia Meloni, chiedendo un intervento più incisivo: «Dopo questi 100 giorni, sono con il cuore in mano a chiedere a ciascuno di fare tutto il necessario con la massima urgenza affinché Alberto possa tornare a casa prima che questa esperienza segni irrimediabilmente la sua vita».

Le accuse contro Trentini

Trentini è stato fermato il 15 novembre al posto di blocco di Guasdualito e trasferito immediatamente alla Dgcim, la direzione generale del controspionaggio militare. Il cooperante lavorava per l’Ong Humanity & Inclusion, attiva in Venezuela con quindici operatori umanitari.

Secondo fonti vicine al dossier, le accuse mosse nei suoi confronti – mai formalizzate – sarebbero prive di fondamento. Trentini si trovava nel paese anche per motivi personali: aveva seguito una ragazza venezuelana e scelto quella missione per starle vicino. Nel suo telefono sarebbero stati trovati solo pochi post social riferiti al governo Maduro, ma considerati innocui.

Mentre le trattative proseguono, la famiglia e la comunità internazionale attendono con ansia sviluppi concreti per riportarlo in Italia.

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