
Tremilacinquecento soldati, senza alcun carro armato. In due mesi dalla decisione, il contingente italiano per il peacekeeping Onu in Ucraina è pronto a entrare in azione. Non ci sono piani per aumentare il numero di militari, ma il carico di impegni si fa sempre più pesante, tra la sicurezza interna e i nuovi impegni per gli accordi atlantici. Quindici anni fa, come ricorda Repubblica, l’Italia schierò circa cinquemila soldati nella regione di Herat. Ora, però, i numeri sono ridotti, a causa di un calcolo semplice: la somma totale dei soldati meno gli impegni da gestire. Le risposte di Salvini e Tajani, però, rispecchiano la spaccatura nella maggioranza.
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Salvini: “Evitare salti in avanti”

“I soldati europei in Ucraina? Abbiamo quasi 8mila militari dislocati nel mondo, pensiamo al Libano, noi non abbiamo mai detto di no”. Lo ha dichiarato Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture, ospite della stampa estera a Roma, commentando la proposta di Emmanuel Macron. “Occorre valutare con chi e dove, per evitare salti in avanti”, ha precisato Salvini, sottolineando che “prima di parlare di un solo soldato italiano in Ucraina dovranno essere molto convincenti”. Gli aiuti militari a Kiev continueranno.
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“Abbiamo sempre votato gli aiuti militari all’Ucraina, e finché ci sarà la guerra lo faremo”, ha ribadito Salvini, rispondendo alle domande sulla posizione della Lega in Parlamento. Il vicepremier ha poi aggiunto: “Sarebbe curioso che in Ue entrasse prima l’Ucraina, rispetto alla Serbia e all’Albania, che sono in lista d’attesa da una vita. Sarebbe una mancanza di rispetto da parte delle istituzioni europee”.
Tajani: “Nostri soldati solo sotto missione Onu”
Tajani: “Soldati solo in ambito Onu”
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha chiarito la posizione del governo: “Non credo che sia la soluzione migliore quella di inviare militari della Nato e dell’Ue a garantire una fascia di sicurezza neutrale tra Ucraina e Russia. La cosa migliore sarebbe un’azione dell’Onu con il coinvolgimento della Cina e della Russia, per creare una zona cuscinetto con la presenza di militari italiani“.
“Se vogliamo costruire la pace, dobbiamo mandare molti militari, ma a guida Nazioni Unite“, ha aggiunto Tajani, parlando a Mattino Cinque News. Ha poi ribadito che “all’ordine del giorno non c’è la possibilità di inviare truppe italiane della Nato e dell’Unione europea, mentre l’Onu sarebbe un’altra cosa”. Palazzo Chigi: “Non è all’ordine del giorno”.
Fonti di Palazzo Chigi hanno smentito l’ipotesi di inviare truppe italiane in Ucraina, definendola “totalmente campata per aria”. “Non esiste questo dibattito all’interno della maggioranza”, hanno precisato le stesse fonti, ribadendo che l’Italia ha sempre escluso questa possibilità. Tuttavia, se in futuro dovesse esserci una missione Onu con contingenti internazionali, si potrà eventualmente ragionare sulla partecipazione italiana. Ma, hanno concluso, “non è all’ordine del giorno e non se ne è mai parlato”.
La situazione attuale e le dichiarazioni di Meloni
Attualmente, l’esercito italiano conta 94.000 tra soldati, sottufficiali e ufficiali, tutti professionisti e volontari. La maggior parte ha un’età compresa tra i 30 e i 50 anni, con una media di 40 anni per i graduati. Circa 40.000 di questi sono impiegati per attività interne, come il mantenimento di caserme e comandi, oppure non possono partecipare a missioni oltreconfine per motivi vari. La vera forza operativa dell’esercito è di circa 54.000 militari, ma se vengono inviati 1.000 soldati in missione, è necessario avere altri 1.000 in addestramento e 1.000 che riposano per subentrare. Al momento, 7.000 soldati sono impegnati nel programma “Strade Sicure”, per pattugliare stazioni ferroviarie, metropolitane e altri obiettivi sensibili. Quattro mila sono dislocati in missioni internazionali, come Libano, Kosovo, Lettonia, Bulgaria e Ungheria.
Inoltre, ci sono le forze in prontezza, che costituiscono le riserve italiane per le difese Nato o Ue. Fino all’anno scorso, queste riserve comprendevano 6.500 soldati, ma con la creazione della Forza di Reazione Rapida Atlantica nel 2025, il numero è salito a 11.000, costringendo i comandi a mantenere due brigate in standby. La task force destinata all’Ucraina si costituirà all’interno di questo quadro e dovrebbe arrivare a un massimo di 3.500-4.000 soldati operativi. Il coordinamento sarà affidato al Covi, il comando di vertice delle forze armate italiane, sotto la guida del generale Giovanni Iannucci. Secondo fonti non ufficiali, sono già in fase di valutazione i reparti più adatti alla missione, ma la scelta dipenderà dal tipo di mandato. Se la missione dovesse riguardare l’interposizione per monitorare un cessate il fuoco, probabilmente saranno coinvolti i reparti della Folgore o degli alpini.
Per una missione di deterrenza, invece, sarebbero necessarie brigate meccanizzate come la Garibaldi o la Pinerolo, equipaggiate con carri armati e veicoli blindati da combattimento. Tuttavia, i carri armati italiani sono ormai obsoleti: ad esempio, i modelli Ariete sono datati di 25 anni. Questi 125 carri armati dovranno essere ammodernati e si prevede che siano pronti solo dopo l’estate. Inoltre, i veicoli blindati Dardo, utilizzati per il trasporto della fanteria, necessitano di manutenzione. Tuttavia, ci sono altre opzioni come le autoblindo Centauro 2, dotate di una torretta da carro armato con un cannone da 120 millimetri montato su uno scafo a otto ruote motrici, e i veicoli Freccia, progettati per proteggere la fanteria, anch’essi a otto ruote motrici e armati con una mitragliera da 25 millimetri.