
Sono le 13:29 del 31 maggio 2024 quando Patrizia Cormos chiama il 112. Con voce calma spiega al vigile del fuoco di turno, Andrea Lavia, che si trova in mezzo al Natisone insieme a Bianca Doros e Cristian Molnar. «Siamo come su un’isola», dice, mentre in lontananza scorge il ponte romano.
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Sette minuti dopo, alle 13:36, richiama: «Il livello dell’acqua si sta innalzando». Questa seconda telefonata dura 11 minuti, di cui sei passati in attesa, con una musica di sottofondo. È la chiamata più drammatica tra quelle depositate agli atti della procura, a conclusione delle indagini sulla tragedia in cui i tre amici, tra i 23 e i 25 anni, hanno perso la vita.
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Un minuto dopo, alle 13:48, Patrizia effettua una terza telefonata. Stavolta urla disperata: «Solo con un elicottero potete salvarci». Dall’altro capo del telefono, il vigile risponde in tono seccato: «Ancora lei?». Poi aggiunge: «Sì, abbiamo attivato anche l’elicottero. Mandami i video di dove vi trovate». Patrizia invia due video alle 13:50. Da quel momento, solo il silenzio.
Alle 14:13 l’elicottero arriva, ma è troppo tardi: i ragazzi sono già stati inghiottiti dalle acque del fiume in piena. Per 40 minuti hanno lanciato disperate richieste di aiuto, mentre le segnalazioni di alcuni passanti sono rimaste inascoltate.
La prima a sentire quelle registrazioni è stata la madre di Patrizia, Mihaela Tritean. «Nella prima telefonata mia figlia dice solo che ha un po’ paura, ma alle 13:36 è già disperata. Fornisce la posizione, chiede aiuto, ripete che mancano pochi minuti». Il vigile, però, si limita a dirle di aggrapparsi a qualcosa. «Ma non avevano niente, solo acqua attorno». Nei sei minuti di attesa si sentono le voci dei ragazzi: Christian chiede aiuto in tedesco, tutti piangono, Patrizia supplica tra le lacrime: «Vi prego, vi prego». Ma nessuno ascolta, solo una canzone di sottofondo: I’m Still Here.
Le indagini si sono chiuse il primo febbraio. Sono stati accusati Andrea Lavia, Enrico Signor, Luca Mauro e Michele Nonino. La procura di Udine parla di «imprudenza, negligenza e imperizia», elencando una serie di errori gravi nella gestione dell’emergenza, in una giornata segnata dall’allerta gialla per il maltempo.