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Davide Lacerenza, le accuse contro di lui: alla Gintoneria “niente poveri”. In bagno il piatto per sniffare, le “ragazzine seminude che nuotano a rana”

Pubblicato: 06/03/2025 08:17
Davide Lacerenza accuse Gintoneria

Non erano semplici locali notturni, ma teatri dell’eccesso dove lusso e degrado si mescolavano senza vergogna. È questa l’immagine che emerge dall’inchiesta che ha travolto Davide Lacerenza, ex compagno di Stefania Nobile, figlia di Wanna Marchi. Due i locali finiti sotto la lente degli inquirenti: la Gintoneria di via Napo Torriani e La Malmaison, il famigerato “locale rosa”.
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Un lusso per pochi: “Niente poveri”

L’accesso ai locali di Lacerenza era riservato a una clientela benestante, disposta a spendere cifre esorbitanti. Lo slogan che accompagnava ogni bottiglia stappata era chiaro: “Niente poveri”. Ma chi rientrava in questa categoria secondo Lacerenza? “Sono i ricchi col braccino corto”, spiegava lui stesso, facendo riferimento a chi, pur avendo auto di lusso, badava ai dettagli più insignificanti per risparmiare.

Davanti alla Gintoneria, la selezione all’ingresso era rigida. I buttafuori decidevano chi poteva entrare e chi no: «Ti squadrano e se sembri un barbone ti lasciano fuori, anche se il locale è mezzo vuoto», racconta un avvocato, cliente occasionale.

Dentro la Gintoneria: tra ostentazione e trasgressione

Chi varcava la soglia della Gintoneria trovava un ambiente di lusso sfacciato, con arredamenti pacchiani e prezzi proibitivi. Un cocktail? 50 euro. Senza nemmeno due patatine. L’atmosfera richiamava quella di un night club, con frequentatori noti tra cui Mara Venier, Massimo Boldi, Irama, Yuri Chechi e il cosiddetto Ken Umano.

Ma più delle celebrità, a fare notizia sono i dettagli inquietanti raccontati dai clienti: «In bagno c’era la bilancia col piatto in vetro per pippare, ma nemmeno un po’ di carta per le mani».

Le serate erano un mix di eccessi. Ragazzine seminude che nuotano nella fontana, rampolli ubriachi che sciabolano champagne con l’iPhone. E poi prostituzione e droga, vendute come parte del pacchetto: «Champagne, bamba e ragazze».

La Malmaison, il “locale rosa”

Se la Gintoneria era l’anticamera dello sfarzo, La Malmaison era il vero sancta sanctorum. Un privé sempre chiuso al pubblico, accessibile solo ai clienti più facoltosi. Qui, secondo le testimonianze, si consumavano serate tra lusso ed eccessi senza freni. «È un bordello a cinque stelle», racconta un habitué, descrivendo moquette rosa, divani e camere appartate.

Uno dei clienti più assidui era S.S., giovane erede di una famiglia benestante della zona ovest di Milano. In tre anni, ha versato oltre 600mila euro nelle casse di Lacerenza, prosciugando gran parte del suo patrimonio tra vino, escort e cocaina. In una sola serata, per il compleanno della fidanzata di Lacerenza, avrebbe speso 50mila euro.

L’ascesa e la caduta

Nonostante la vita di lusso ostentata sui social – con foto di Ferrari e Lamborghini, spesso in leasing – il passato di Lacerenza era ben diverso. Dai primi lavori come scaricatore di patate nel mercato ortofrutticolo dello zio a spogliarellista al Bar Lara di piazzale Loreto, fino all’impero costruito sulla notte milanese.

Oggi, tutto è crollato sotto il peso delle accuse: autoriciclaggio, prostituzione e spaccio. Quando la Guardia di Finanza ha bussato alla sua porta, Lacerenza si sarebbe vantato delle sue conoscenze altolocate. Peccato che, secondo gli inquirenti, fossero tutte invenzioni. Milano, intanto, scopre cosa succedeva davvero dietro quelle porte nere e rosa.

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