
Il centrocampista della Fiorentina, Edoardo Bove, sta affrontando un percorso complesso dopo il malore che lo ha colpito il 1° dicembre, durante una partita contro l’Inter. L’episodio ha reso necessario un intervento per l’impianto di un defibrillatore, dispositivo che in Italia impedisce la pratica dello sport agonistico.
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La battaglia per tornare in campo
Bove ha raccontato la sua esperienza a Gianluca Gazzoli, nel podcast Basement, spiegando che sta valutando la possibilità di rimuovere il defibrillatore per poter continuare la carriera da professionista. «La legge italiana non permette di giocare a calcio con il defibrillatore, ma non è una questione medica; per questo motivo all’estero certi Stati consentono la pratica agonistica», ha dichiarato. Tra questi, ha citato il Regno Unito, dove le normative sono differenti.
Nonostante il periodo di incertezza, il calciatore non ha dubbi sul suo obiettivo: tornare a giocare. «Non mi sentirei di mollare, sono ancora giovane», ha affermato con determinazione.
Il malore in campo e la perdita di memoria
Ripercorrendo quei momenti drammatici, Bove ha ammesso di ricordare solo i primi 15 minuti della partita, durante i quali aveva avvertito giramenti di testa, pur sentendo il battito cardiaco regolare. Poi il buio: si è accasciato a terra e ha perso conoscenza.
Al suo risveglio in ospedale, il giocatore non aveva memoria di quanto accaduto e gli è stato raccontato che, durante il trasporto in ambulanza, aveva avuto reazioni incontrollate. «Mi hanno detto che ho fatto un bel casino dopo che mi hanno rianimato. Ero agitato, prendevo a morsi tutti, ma non ricordo nulla, nemmeno delle visite della mia famiglia il giorno dopo», ha rivelato.
Il supporto di Eriksen e la strada verso il futuro
Durante questa fase delicata, Bove ha ricevuto il sostegno di Christian Eriksen, che ha vissuto una situazione simile agli Europei del 2021. Il danese lo ha contattato per offrirgli consigli e supporto psicologico, un aiuto prezioso per affrontare il trauma e l’incertezza del futuro.
Il percorso del centrocampista è ancora in evoluzione, ma la sua determinazione resta intatta. La sua storia non è solo un esempio di resilienza sportiva, ma anche della necessità di un supporto fisico e psicologico per superare ostacoli che vanno oltre il campo da gioco.